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…manifestare è un diritto e non si tocca!!! Bologna 11/11/11

sabato, Novembre 12th, 2011

Indignati Bologna 11/11/11_(1)

...finalmente anche a Bologna ci siamo fatti sentire e ancora non è finita.
Una maxi manifestazione ha regnato in città. Più di 3000 studenti, universitari e non, ma anche lavoratori e precari, tutti riuniti purtroppo sempre per le stesse ragioni: debito pubblico, B.C.E., tagli alla cultura, alla scuola ….a tutto.


Ormai la gente non ne può più, per questo si scende in piazza, perché si ha come la netta “impressione” che sia in corso una “sorta di assalto finale contro le risorse della società, e che qualcuno stia tentando di appropriarsi dell’intera ricchezza sociale”, come ha dichiarato Bifo Berardi, e posso affermare con certezza che la soluzione a tutto questo potrebbe essere il reddito di cittadinanza a livello europeo, cioè  soldi per la ricerca, soldi per l’educazione e l’istruzione, soldi per la sanità, per la vita sociale reale. L’esatto contrario di quello che sta facendo chi ci governa e che si dovrebbe occupare di tutto questo.
Tutte le generazioni sono chiamate in causa, perché ormai è stato tolto tutto a tutti, anche le speranze in un futuro migliore.
Basti pensare a quella generazione che ha lavorato tutta una vita ai quali ora viene messa in dubbio la pensione, o a quelli a cui viene alzata l’età del pensionamento, o a quei “ragazzi” come me, che a 30 anni non hanno stabilità in niente: casa, lavoro, futuro inesistente… Poi gli studenti universitari, quelli dei licei ai quali non è concesso niente, siamo tutti vittime e spettatori di tagli indegni e senza nessuna logica. 
Anche ieri, come tutte le volte, si sono creati momenti di tensione sfociati poi nei soliti abusi di potere ed eccessi di violenza da parte delle forze dell’ordine, come è successo a Martina, 23 enne della Facoltà di Lettere,che si trovava in mezzo alla strada a volto scoperto, quando ad un certo punto è stata colpita da ripetute manganellate al corpo e al viso che le hanno causato le perdita di 5 denti e la lussazione di una spalla. Era necessario???

indignati Bologna…11/11/11_(2)

Ricordo a tutti quelli che ogni tanto se lo “scordano” che riunirsi e manifestare è un diritto di ogni cittadino, come cita anche la Costituzione Italiana negli articoli 17 e 21, e personalmente sono stanco e schifato dalle cazzate che ho sentito dopo la grande manifestazione del 15 ottobre a Roma, sfociata in guerriglia per colpa di qualche black block.
Nel dettaglio la buffonata alla quale mi riferisco (perché è di questo che si tratta, e per fortuna è rimasta tale), è quella RIDICOLA trovata di Maroni, subito sostenuta da Giovanardi (che forse intravedeva la possibilità di nuovi lucrosi affari a spese della collettività), di far pagare un tot a manifestante al fine di garantire il risarcimento di eventuali danni… 
…ci mancava solo questo, la privatizzazione dell’intangibile diritto costituzionale di riunione e manifestazione.

E poi scusate… l’incasso? Provate ad immaginare la fine che farebbe…!

Patrizia Moretti Aldrovandi finisce davanti al giudice

venerdì, Novembre 11th, 2011
…oggi ho fatto il copia e incolla di questo articolo affinché possiate leggere anche voi quello che ho letto io…è una cosa che ha dell’incredibile!!! 
E state attenti d’ora in poi a cosa scrivete e come parlate perché in Italia è iniziata una nuova era di processi: Quelli alle parole.
 

Udienza relativa alla querela intentata da uno dei poliziotti.

Il GUP Piera Tassoni si è riservata di decidere in merito alla querela presentata da Paolo Forlani nei confronti di Patrizia Moretti. La madre di Federico Aldrovandi è chiamata in causa per le ipotesi di reato di diffamazione e istigazione a delinquere nei confronti di uno degli agenti condannati in secondo grado per l’omicidio colposo del figlio. 

Forlani querelò la Moretti per un post scritto dalla donna il 27 aprile scorso, dal titolo “Al bar”, nel quale racconta di aver incontrato “uno di quelli che hanno tolto la vita a Federico (la frase originaria, poi sostituita nel giro di qualche ora, era “uno degli assassini di mio figlio”, ndr), tranquillo e allegro con una ragazza” dentro un locale. 
La madre del 18enne descrive il suo stato d’animo dicendo che “quando vedo uno di loro mi manca il fiato, come a mio figlio, mi si ferma il cuore, come a lui. Non riesco più a respirare, non so reagire. Vorrei urlare, picchiare, uccidere, ma non ne sono capace”.Per quella querela la PM Ombretta Volta chiese l’archiviazione, motivandola – per quanto riguarda il capo relativo alla diffamazione – con il fatto che il termine “assassino” è sì “una espressione forte”, ma “è il nostro stesso codice che definisce la condotta con il termine di omicidio”, che rappresenta “un sinonimo di assassino”.  
Per quanto riguarda l’istigazione, invece, secondo la Volta l’accusa è infondata, perché mancherebbe la “volontà cosciente di commettere il fatto”, interpretando la frase sotto accusa come “lo sfogo di una madre che vive il dramma di chi non riesce a colmare il vuoto di un figlio”.A queste motivazioni si sono opposti gli avvocati di Forlani Gabriele Bordoni e Giovanni Trombini. Proprio quest’ultimo, presente in aula, ha ricordato come “la distinzione tra le parole “assassino” e “omicida” è scritta nel dizionario Devoto-Oli, che ho letto in tribunale: assassino” ha una connotazione più spregiativa. Deciderà poi il giudice se la signora Moretti sapeva di usare un termine in connotazione negativa.In aula ho detto che le parole sono pietre – ha aggiunto l’avvocato Trombini – perché chi le usa conosce il loro significato. Il fatto che successivamente abbia rimosso la parola è segno secondo noi di questa consapevolezza”.
“L’unica pietra è quella che ricopre la tomba di Federico ha ricordato il mio avvocato”, risponde a distanza Patrizia Moretti, riportando le parole dette in aula da Fabio Anselmo. 
Quanto all’udienza, la difesa aveva chiesto di produrre le foto del cadavere del ragazzo e le due sentenze di condanna dei poliziotti, richiesta rigettata perché fuori dai termini.Nei prossimi giorni arriverà la decisione sull’accoglimento o meno dell’ opposizione.

Fonte: Marco Zavagli di Estense.com

Introduzione all’articolo di: Matteo Naldi (io)

…muore per attacco d’asma nella cella della caserma, nessuno lo ha soccorso

mercoledì, Novembre 9th, 2011
Saidou Gadiaga era un ragazzo senegalese di 37 anni.


…11 dicembre 2010, Saidou viene fermato e arrestato dai carabinieri perché sprovvisto del permesso di soggiorno e già raggiunto da un provvedimento di espulsione. Al momento del processo per direttissima il p.m. Francesco Piantoni decide che il ragazzo non venga rinchiuso in carcere, ma in una delle celle di sicurezza della caserma di piazza Tebaldo Brusato.
Saidou è affetto da una forma grave d’asma, tanto che prima di essere rinchiuso in cella consegna ai carabinieri un certificato medico che attesta la sua patologia.
E’ mattina e Saidou sta male, è nel pieno di una crisi d’asma, cosa che viene confermata da un testimone, Andrei Stabinger.
Andrei è un ragazzo bielorusso detenuto nella cella accanto che dichiara – “sono stato svegliato dal detenuto che picchiava contro la porta e chiedeva aiuto gridando. Aveva una voce come se gli mancasse il respiro. Dopo un po’ di tempo ho sentito che qualcuno apriva la porta della cella, e lo straniero uscito fuori, credo sia caduto a terra.”
Alla domanda: Quanto tempo è trascorso tra la richiesta d’aiuto e l’intervento del militare? – risponde – “Penso 15/20 minuti, e nel frattempo il ragazzo continuava a gridare e picchiare le mani contro la porta.”


Apro una piccola parentesi,  tutta questa vicenda viene filmata interamente da una delle telecamere di sicurezza dentro la caserma.*


Il video ovviamente descrive molto bene la scena e i tempi:
le dita di Saidou sporgono dallo spioncino della cella, sono le 7.44 e sta chiedendo aiuto già da parecchi minuti.

Passano 2 minuti e 45 secondi all’arrivo del carabiniere che apre la cella. Finalmente uscito, l’uomo cade a terra alle 7.52, otto minuti dopo essersi sporto dalla camera. 120 secondi e arrivano anche i medici, ma ormai non c è più niente da fare: Saidou Gadiaga giace a terra morto
L’ autopsia non fa altro che confermare quello che si poteva prevedere, e se non fosse stato per la “prontezza” dei carabinieri nell’intervenire, tutto questo si sarebbe potuto evitare: “un gravissimo episodio di insufficienza respiratoria comparso in un soggetto affetto d’asma.” E attesta che – “era clinicamente deceduto già all’arrivo dell’ambulanza”. 
Detto questo ora vediamo un’altra versione, quella dei carabinieri che, nella relazione di servizio consegnata alla Procura e in altre comunicazioni rilasciate al consolato Senegalese, collocano il decesso di Saidou in ospedale, parlano di aneurisma ed escludono assolutamente ritardi e carenze nei soccorsi.
Incredibilmente, il maresciallo che apre la porta a Saidou per “concedergli” di fare pipì, verrà premiato dal comandante provinciale perché dichiara – “in un video che abbiamo consegnato alla Procura c è la conferma della nostra umanità”.
I militari dichiarano anche che dal momento della pipì alla crisi passano 8 minuti, in realtà l’orario delle immagini ci dice che l’uscita risale a 26 minuti prima.
L’ avvocato Manlio Gobbi si è posto delle domande e ha chiesto nuove indagini da subito, perché in questa vicenda ci sono troppi punti oscuri e non si spiega come mai il p.m. abbia chiesto l’archiviazione del caso. Anche il consolato del Senegal ha dichiarato che andrà fino in fondo per garantire che sia fatta chiarezza sulla vicenda.
Anche qui, come in altre vicende simili, ci troviamo di fronte ad una morte che indubbiamente si poteva evitare, e allora io mi chiedo come mai sia successo!
E perché per l’ennesima volta i basilari diritti umani non sono stati rispettati?
Saidou era un uomo come chiunque, ma gli è stata negata assistenza proprio quando ne aveva più bisogno. Perché?




Per chi volesse vedere il video di quanto raccontato sopra ecco il link:

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2011/11/08/video/ecco_come_hanno_lasciato_morire_saidou-24625619/1/?ref=HREC1-2

…altri risvolti sul caso Uva

martedì, Novembre 8th, 2011
 …il quotidiano “La provincia di Varese” pubblica: 

L’amico di Uva minacciato “qualcuno mi vuole   morto”


…infatti Alberto Bigioggero ora chiede aiuto e protezione all’autorità giudiziaria perché dalla morte di Giuseppe ad oggi ha ricevuto minacce, e nella notte tra venerdì e sabato, è stato vittima di una singolare incursione nella casa in cui vive.
In realtà dopo i dovuti accertamenti si è scoperto che Alberto è stato vittima solamente di un atto vandalico perché in casa non è stato rubato nulla. 
La cosa sospetta però, è che queste minacce telefoniche sono ricominciate dopo l’intervista rilasciata nel programma televisivo “le Iene” e ora questo strano atto vandalico.
L’ avvocato Stefano Bruno intanto dichiara: “Alberto ora è terrorizzato”, perché effettivamente i messaggi ricevuti sono inequivocabili, e continua –  Gli dicono di guardarsi le spalle, che viene bene in video, e che gli faranno fare la fine del suo amico. Finora non ci aveva fatto caso, ma dopo l’incursione notturna riteniamo che qualcuno stia facendo sul serio. E quindi è giusto portare all’attenzione della procura questi fatti e chiedere protezione”.

Fortunatamente le indagini continuano, perché ora, dopo la riesumazione della salma, verranno ordinati nuovi esami di natura genetica che si spera, portino a nuovi e conclusivi risultati.



Intanto continuiamo a pretendere che venga fatta luce su questo, e su tanti altri fatti analoghi, perché i colpevoli di queste vicende vengano puniti, si continui a fare informazione  e si lotti contro tutti quelli che tentano di insabbiare con minacce, vandalismo e altri atti ignobili, la VERITA’.


…muore durante l’arresto. Marcel Vitiziu come Stefano Cucchi

martedì, Novembre 8th, 2011
Marcel Vitiziu, 30 anni, detenuto nella casa circondariale di Gazzi a Messina, muore lunedì 3 ottobre 2011 per arresto cardiaco, mentre in ambulanza viene trasferito al Policlinico.

E’ la sera di venerdì 30 settembre, il titolare della tabaccheria di Camaro Inferiore chiama i carabinieri chiedendogli d’intervenire perché un uomo apparentemente ubriaco e confuso non vuole più uscire dal locale. 
Quando arrivano i carabinieri, si trovano davanti, cit. “un ragazzo troppo agitato, completamente ubriaco e impossibile da calmare” e, sempre ufficialmente, nel tentativo di fuggire, scivola, cade e sbatte la faccia sul pavimento del locale. Qualche minuto dopo viene caricato in ambulanza, sedato e trasportato al Pronto Soccorso; lì i medici fanno sapere che ha solamente una ferita al naso e una all’ arcata sopraccigliare, il tutto guaribile in 30 giorni. 
Nel giro di un’ ora Marcel viene trasferito alla casa circondariale di Gazzi in stato di arresto, con l’ accusa di oltraggio a pubblico ufficiale.
Intanto la notte tra venerdì e sabato sarà un vero e proprio inferno, Marcel sta male, molto male, tanto che sabato mattina gli agenti di polizia penitenziaria lo trasferiscono al policlinico per un’ ulteriore controllo.
Qui il responso dei medici non coincide assolutamente con quello del Pronto Soccorso: “rottura del setto nasale, edema e trauma cranico facciale”.
Queste lesioni per l’ avvocato Giuseppe Serafino sono un po’ troppo, per essere compatibili con una caduta, seppur rovinosa. Nonostante tutto questo Marcel viene riportato in carcere e poco dopo le sue condizioni peggiorano ancora, tanto che domenica torna in ospedale, viene sottoposto ad un’altra TAC che non fa che confermare la diagnosi del giorno prima ma, anche in questo caso, incredibilmente, si decide per la detenzione in carcere.
Lunedì mattina il gip Massimo Micali si reca in carcere per convalidare l’arresto e davanti a Marcel allarga le braccia e dichiara: “le condizioni di Marcel Vitiziu sono troppo gravi per sostenere un’ interrogatorio di garanzia”, e se ne va’.
Alle 11 il ragazzo viene portato d’urgenza in ospedale per un sospetto infarto
 ma è tutto inutile: la corsa in ospedale e i primi tentativi dei medici di rianimarlo sono del tutto vani, Marcel è morto.
Una morte sospetta e provocata probabilmente da quelle lesioni interne mal diagnosticate, lesioni sulle quali l’ avvocato Giuseppe Serafino ha chiesto alla Procura Generale di indagare perché, dichiara l’avvocato, ” bisognerà capire chi le ha provocate e soprattutto perché sia stato disposto l’arresto viste le sue critiche condizioni di salute, invece di un eventuale trattamento sanitario obbligatorio”. Queste risposte ora dovranno fornirle i medici incaricati dell’autopsia dalla procura di messina, che su questa morte ha aperto un fascicolo. Forse tutto questo, alla sorella di Stefano Cucchi, ha ricordato qualcosa…

…la RAI trasmetta il documentario su Stefano Cucchi

sabato, Novembre 5th, 2011
Stefano Cucchi

Articolo21 invita tutti i cittadini a sottoscrivere questo appello per chiedere che il film su Stefano Cucchi “148 Stefano. Mostri dell’inerzia”di Maurizio Cartolano, prodotto da Ambra Group e presentato al Festival del Cinema di Roma non solo possa essere visto in tutte le sale cinematografiche ma sia successivamente acquisito e trasmesso dal servizio pubblico radiotelevisivo e che sia promossa una serata speciale dedicata alla vicenda di Cucchi, ma anche alle storie di Federico AldrovandiGiuseppe UvaAldo BianzinoMichele Ferrulli e degli altri che hanno perso la vita in situazioni analoghe. Affinchè a nessun altro cittadino e ai loro familiari possa riaccadere di vivere tragedie simili.


Se vi preme e vi interessa che il film/documentario su Stefano Cucchi possa essere visto alla televisione, cinema ecc… siete invitati ad apporre la Vostra firma, andando sul sito di Articolo 21. 


Ecco il link:


http://www.articolo21.org/101/appello/la-rai-trasmetta-il-documentario-su-stefano-cucchi.html




GRAZIE A TUTTI!!! Matteo sickböy Naldi.

…condannati i vigili picchiatori di Parma

venerdì, Novembre 4th, 2011

…e finalmente giustizia è stata fatta!!! 
Ieri mattina a Parma sono stati condannati in primo grado tutti e otto i vigili urbani che, nel settembre 2008, fermarono Emmanuel Bonsu, giovane ragazzo ghanese di 25 anni. Poco dopo essere uscito da scuola, venne scambiato per il palo di uno spacciatore e brutalmente pestato.


Simona Fabbri (7 anni e 6 mesi), Stefania Spotti (6 anni e 8 mesi), Graziano Cicinato (2 anni perché gli è stato riconosciuto solo il sequestro di persona), Pasquale Fratantonio (7 anni e 9 mesi), Marco de Blasi (3 anni e 3 mesi), Andrea Sinisi (4 anni e 9 mesi), Giorgio Albertini (4 anni e 7 mesi), Mirko Cremonini (3 anni e 6 mesi). Questi sono i nomi dei “picchiatori”, purtroppo però, solo per tre di loro, Simona Fabbri, Stefania Spotti e Pasquale Fratantonio, è scattata l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Per gli altri l’interdizione sarà solamente di 5 anni, Graziano Cicinato invece, a cui è stato riconosciuto “solo” il sequestro di persona, se la cava con il beneficio della sospensione della pena e non menzione della condanna nel casellario giudiziale.
Fratantuono poi, ci ha “deliziato” con una dichiarazione al termine della quale è scoppiato in lacrime: “Ho scelto di non partecipare al processo perché non sarei stato in grado di sopportare la pressione psicologica. Ho deciso di essere qui perché volevo che lei sapesse che la violenza e il razzismo non appartengono alla mia cultura. Sono fermamente convinto di aver fatto il mio dovere nella prima operazione antidroga della mia vita. Mi è molto difficile parlare in questa aula e mi rammarica sapere che qualcuno ha sofferto come oggi soffro io nella convinzione che ho agito per fini diversi da quelli istituzionali”. 

Ma non è finita qui…sempre il nostro “simpaticissimo” Fratantuono, si era reso protagonista di un’ INDECENTE foto (che mostrava agli amici come trofeo), che raffigura Lui, il vigile, che tiene per il collo Bonsu seduto sulle sue ginocchia con un occhio tumefatto. 
E pensare che in seguito al pestaggio, il ragazzo è addirittura stato costretto a tornare a casa con una busta con scritto “Emmanuel negro”.

Per fortuna che la violenza e il razzismo non appartengono alla sua cultura, pensate come sarebbe andata a finire la vicenda, se invece gli fossero appartenute!!!!! 
Intanto Emmanuel, oltre alla soddisfazione di vedere condannati i suoi vessatori, riceverà anche un risarcimento di 135.000 euro che gli verranno immediatamente liquidati.

Sono contento, perché almeno questa volta, giustizia è stata fatta. Purtroppo la storia c’insegna che probabilmente ci troveremo altre volte a parlare di fatti simili, e chiedere ancora una volta che venga fatta giustizia.



Il caso Cucchi

martedì, Novembre 1st, 2011
…un detenuto nelle celle di sicurezza del tribunale di Roma disse: “Cucchi?! Macché caduto dalle scale! Ha avuto un incontro di boxe, solo che era lui il sacco!” 

In questa vicenda orribile sono dodici gli imputati: sei medici e tre infermieri che lo ebbero in cura, e tre agenti della polizia penitenziaria.Tutti e dodici dovranno rispondere a vario titolo di: lesioni, abuso d’autorità, favoreggiamento, abbandono d’incapace, abuso d’ufficio e falso ideologico.
Torniamo però indietro nel tempo, per la precisione nell’ ottobre 2009, quando Stefano Cucchi viene arrestato per droga. Il giorno dopo verrà portato in tribunale  per l’udienza di convalida, e qui, dopo la morte del giovane Cucchi, il giudice Maria Inzitari, in seguito, rilascerà la sua versione dei fatti: “Ha risposto a tono a tutte le domande, non ha detto di essere stato percosso, né io ho avvertito nulla di anomalo”. E aggiungerà – “non ho disposto alcuna visita medica, e non ricordo che in aula nessuno la chiese.” Tuttavia, il medico, Giovanni Battista Ferri, nelle celle del tribunale di Roma aveva visitato Stefano Cucchi e dichiarò: “Camminava con difficoltà, si appoggiava al muro. Lo stesso Cucchi mi disse che aveva dolori nella zona della schiena, nella zona sacrale e alle gambe. Disse che il giorno prima era caduto scendendo le scale, e mi chiese solamente un ansiolitico calmante, per sopportare meglio l’astinenza da droga.Diversa invece, è la posizione che prende l’ispettore di polizia caposcorta, Antonio La Rosa, che portò Stefano Cucchi, dal tribunale al carcere Regina Coeli a Roma. Disse: “sono anni che faccio questo lavoro e riconosco bene quando uno è stato pestato” -e continua- “camminava con passo lento, non poteva piegarsi, era molto sofferente. “Davanti al carcere ci disse che aveva difficoltà a salire le scale, perché gli facevano male le gambe.  Il suo volto era quello di una persona pestata, era impaurito, mi raccontò che era la prima volta che finiva in carcere, e voleva sapere che cosa sarebbe successo. Io cercai di tranquillizzarlo, e gli dissi che non era come quello che si vede nei film.”Purtroppo però per Stefano le cose non sono andate a finire bene, speriamo solamente che chi deve pagare per tutto questo paghi. 

Ecco il decreto “salva manganello”, sui reati della polizia decide il procuratore capo.

lunedì, Ottobre 31st, 2011

Il governo prepara una corsia preferenziale per gli operatori di polizia accusati di reati commessi durante la gestione dell’ordine pubblico. Ad annunciarlo è stato il ministro degli Interni Roberto Maroni riferendo alla Camera sugli scontri del 15 ottobre.Nel caso di reati, ha spiegato Maroni, le indagini non saranno più di competenza del pubblico ministero di turno, ma dovrà esserci “un intervento diretto del procuratore capo, cui spetterà procedere sottraendo la competenza al primo sostituto procuratore”.Il titolare del Viminale non ha specificato se l’intervento sarà limitato a un “visto” per le indagini oppure se sarà lui a dover condurre l’inchiesta. Di certo il provvedimento presenta non pochi punti oscuri, come spiega Donatella Ferranti, capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera.“Sembra quasi un atto di sfiducia nei confronti dei sostituti procuratori, e non si capisce a cosa sia dovuto. D’altra parte – prosegue la parlamentare – Maroni sembra essere convinto chissà perché di poter in qualche modo condizionare i procuratori capo”. La nuova norma, che Maroni ha spiegato essere ancora in via di “approfondimento”, dovrebbe essere inserita in un disegno di legge da presentare in uno dei prossimi consigli dei ministri.“È una norma richiesta dai poliziotti e dai carabinieri – ha spiegato Maroni – che dagli incidenti di Genova in poi hanno manifestato una sorte di timore psicologico a intervenire”. Prevista per i manifestanti anche l’estensione, come giù avviene per le manifestazioni sportive, dell’aggravante delle lesioni gravi e gravissime a pubblico ufficiale, con pene comprese rispettivamente da 4 a 10 anni e da 8 a 16 anni, e “un rafforzamento delle tutele patrimoniali” in caso di risarcimento.

          Fonte: articolo tratto da “IL MANIFESTO” 


Emmanuel Bonsu: vigili imputati ma ancora sul libro paga del comune.

lunedì, Ottobre 31st, 2011
Emmanuel Bonsu
Il 29 settembre del 2008 hanno pestato, aggredito e umiliato un ragazzo di colore scambiato per il palo di un pusher. E a due anni dal giorno della vergogna, otto dei dieci agenti della polizia municipale coinvolti nel pestaggio di Emmanuel Bonsu stanno ancora lavorando per il Comune di Parma, in attesa del verdetto del processo che vede lo stesso Comune sia come parte civile lesa dal comportamento tenuto dagli 10 vigili imputati (due già condannati con rito abbreviato), sia come responsabile civile e quindi chiamato a risarcire il giovane ghanese.
Una situazione quasi paradossale quella che si è venuta a verificare e che è ancora tutta da chiarire, visto che il processo è ancora in corso e sono ancora da ascoltare vari testimoni oculari di quel pestaggio avvenuto al parco Falcone e Borsellino di Parma: il Comune che fa causa a se stesso e a suoi dipendenti, che a loro volta fanno causa al Comune, come nel caso dell’ex comandante dei vigili urbani, Emma Monguidi, che ha chiesto un risarcimento di un milione di euro per essere stata declassata.Ma andiamo con ordine. Il 29 settembre di due anni fa, alle 18, Emmanuel Bonsu, 22enne ganese, è stato fermato al parco Falcone e Borsellino di Parma da alcuni vigili urbani, in borghese, durante un servizio antispaccio. Il giovane, infatti, è stato scambiato per il palo di un pusher. Un racconto preciso dei fatti lo fornisce lo stesso Bonsu, durante l’udienza in tribunale del primo di marzo.
“Intorno a me c’era del movimento – racconta, accompagnato in aula dai genitori – due donne alle spalle, due uomini mi passeggiavano di fronte. Sulle prime non trovavo nulla di strano. Queste stesse persone, qualche secondo dopo, mi hanno afferrato per le mani gridandomi di star fermo. Ero molto spaventato, non capivo che cosa stesse succedendo e ho tirato via le braccia e ho cercato di scappare. Sono stato atterrato e mi sono trovato un piede sulla faccia e una pistola puntata al volto. Un’altra persona si era gettata sulle mie gambe. Nessuno ha detto che si trattava di una operazione di polizia”.
Il racconto prosegue con il viaggio in auto, verso il comando dei vigili: “Dopo avermi trascinato in auto uno di quelli che mi avevano sbattuto a terra e ammanettato nel parco mi ha insultato: “Negro di m…., ti spaccherei la faccia”. Era furioso perché si era rotto il braccialetto che gli aveva regalato la sua fidanzata. Prima di allontanarsi mi ha dato un calcio”. L’occhio sinistro presentava un’ecchimosi e una delle mani sanguinava.“Non mi hanno medicato – ha continuato – una di quelle persone ha detto che andava a cercare dei cerotti ma poi non li ha portati. Mi è stato dato dell’alcol, dicendomi: “Bevi che dopo stai meglio”. Poi mi hanno fatto spogliare e, tutto nudo, mi hanno detto di fare dei piegamenti due o tre volte. Prima di uscire dalla cella mi hanno detto: Rivestiti”.

 

Ma al triste racconto vanno aggiunti due particolari: una busta, consegnata dai vigili al momento del rilascio con i documenti del ragazzo, con scritto Emmanuel negro, e una foto, trovata nel computer di uno degli agenti della polizia municipale che ritrae il vigile con Emmanuel in braccio, con l’occhio tumefatto e dolorante, esposto come un trofeo di guerra. Due dettagli non trascurabili, che, secondo le accuse fanno capo alla stessa persona: il 15 marzo, infatti, il giovane ghanese ha riconosciuto in aula l’autore della foto, nonché la persona che secondo una perizia calligrafica avrebbe scritto l’epiteto razzista sulla busta.
Il 14 ottobre, 4 vigili vennero arrestati. L’allora assessore comunale alla sicurezza, Costantino Monteverdi si dimise. E ora è amministratore unico di una partecipata del Comune, la Stu stazione, che si occupa dei lavori di riqualifica della stazione ferroviaria di Parma. Contestualmente si cambiò il comandante dei vigili, Emma Monguidi, rimasta dipendente comunale ma che ora però cita il sindaco di Parma in tribunale, chiedendo un risarcimento di un milione di euro. Una cifra, spiegano i legali, dovuta a seguito del trasferimento di incarico che avrebbe demansionato il ruolo della Monguidi, oltre che isolarla e delegittimarla. La richiesta è stata presentata al collegio di conciliazione dell’ufficio del lavoro dai suoi avvocati secondo i quali la scadenza naturale del contratto  (il 30 settembre 2008) sarebbe stata fatta passare come una rimozione dall’incarico ad opera del primo cittadino.
Il processo è iniziato formalmente l’ottobre scorso e vede implicati 10 agenti della polizia municipale di Parma (tra cui un ispettore capo e un commissario) accusati di aver pestato, umiliato e insultato Emmanuel Bonsu. Il Comune di Parma è stato anch’esso chiamato in giudizio quale responsabile civile e potrebbe rispondere dei danni, tanto da aggiungere nelle  spesa comunale la voce  «Processo Bonsu».
Dei vigili, 8 hanno scelto il rito ordinario, che è ancora in corso. La strada è ancora lunga: il 29 marzo si ritorna in aula per ascoltare i testimoni che hanno assistito all’arresto e al pestaggio del giovane. Il processo dibattimentale a carico degli otto vigili che hanno scelto il rito ordinario è iniziato lo scorso 7 dicembre: le udienze sono aperte al pubblico e vengono interamente riprese dalle telecamere di Un giorno in Pretura, trasmissione di RaiTre. Le accuse a carico degli imputati sono differenti e di varia gravità: si va dalle lesioni, al sequestro di persona e al falso ideologico, con l’aggravante del razzismo. Dei quattro agenti imputati finiti agli arresti domiciliari all’inizio dell’indagine, attendono il giudizio Pasquale Fratantuono e Mirko Cremonini. 

Marcello Frattini e Ferdinando Villani sono stati condannati rispettivamente e a tre anni e quattro mesi e a due anni e 10 mesi con rito abbreviato.

Fonte: articolo tratto integralmente da “IL FATTO QUOTIDIANO”