Archive for the ‘Attualità’ Category

Casapound tenta l’assalto al Cinema America Occupato, e scappa

giovedì, Giugno 13th, 2013


di @Redazione_dinamopress.it 

Dopo l’iniziativa del Forum per l’Acqua Bene Comune la provocazione.

Durante la notte di mercoledì, a seguito dell’iniziativa dei forum dell’Acqua Bene Comune in piazza San Cosimato, convocata per festeggiare i due anni dalla vittoria referendaria, un manipolo di militanti di Casapound ha assaltato il Cinema America Occupato, un’occupazione limitrofa alla piazza che partecipava attivamente alla costruzione della giornata.

Ma, per i “legionari combattenti” questa volta è andata male: gli occupanti del cinema presenti all’interno dell’edificio, quando si sono resi conto di


essere sotto attacco, hanno messo in fuga la squadraccia, scendendo in strada a difesa di tutte le attività del cinema: centinaia di proiezioni cinematografiche ad offerta libera, un corso di teatro gratuito, laboratori di pittura, concerti di tutti i generi, giochi in piazza con i bambini, iniziative a difesa del territorio, incontri e dibattiti, eventi a sostegno dei collettivi delle scuole circostanti e la costruzione della prima aula studio di Trastevere.

In seguito al fallito assalto, la squadraccia ha pensato bene di aggredire un gruppo di ragazzi di ritorno da una serata a Trastevere: ma anche questa volta i fascisti del terzo millennio, rifiutati dalle persone che si trovavano a passare in quella via, sono stati costretti alla fuga.

Trastevere, quartiere di storica tradizione antifascista, rifiuta il fascismo in tutte le sue forme. Queste vili aggressioni sono messe in atto in un periodo difficile per il Cinema America, in quanto tentano di farne una questione di ordine pubblico per facilitarne lo sgombero. Ma chi frequenta l’occupazione di Trastevere sa bene che il Cinema America consiste in ben altro: non si fermeranno le iniziative in piazza, non si fermerà la programmazione, tanto meno i lavori di riqualifica e i progetti avviati in questi mesi.

Ci scusiamo con il vicinato per il chiasso in strada, che ovviamente non è dipeso da noi. Ringraziamo anche chi, svegliatosi nel cuore della notte e affacciatosi alla finestra, ha capito subito la situazione e ci ha aiutato nell’allontanare la squadraccia di Casapound.

Trastevere è antifascista!

HIC SUNT LEONES!

Cinema America Occupato

Cucchi, a Tor Pignattara corteo per “Stefanino” contro “uno stato che si auto assolve”

domenica, Giugno 9th, 2013
Cucchi, Tor Pignattara in piazza per “Stefanino” contro “lo Stato che si auto assolve”
Dopo la discussa sentenza di primo grado centinaia di persone hanno manifestato a Tor Pignattara sotto casa del giovane prima e per le vie del quartiere poi. La rabbia dei manifestanti: “Chi semina violenza raccoglie resistenza”.


Corteo a Tor Pignattara

Centinaia di persone hanno partecipato al sit-in solidale organizzato a Tor Pignattara sotto casa di Stefano Cucchi, il geometra  arrestato il 15 ottobre 2009 per droga e morto una settimana dopo al reparto di medicina protetta dell’ospedale “Sandro Pertini”.



Una manifestazione che nelle intenzioni degli organizzatori voleva essere prima di tutto un modo di abbracciare la famiglia di Stefano, dopo che la sentenza di primo grado ha assolto agenti e infermieri, perché “il fatto non sussiste” e ha invece inflitto due anni di reclusione ai medici con l’accusa di omicidio colposo. Il sit-in si è poi trasformato in un corteo che si è concluso a Vigne Alessandrine, dove si trova il celebre murales, nei pressi del quale è stato posato lo striscione che ha aperto il corteo. Qui infine sono state fatte volare delle lanterne rosse.

Una sentenza che ha fatto discutere e gettato nello sconforto la famiglia del ragazzo. “Non è successo niente, mio fratello Stefano è morto di suo, è morto per un errore medico. Sarebbe morto anche a casa nostra, ci siamo sbagliati su tutto”, è stato l’amaro commento della sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, presente oggi al sit-in, nel corso del quale però ha preferito non prendere parola.

La manifestazione, del tutto civile e pacifica, si è svolta nel tardo pomeriggio in via Laparelli, proprio davanti al palazzo popolare in cui viveva la famiglia di Stefano. Tanta la rabbia dei manifestanti, contro “uno stato che si autoassolve”, e critiche anche nei confronti delle istituzioni colpevoli di “un silenzio assordante” e di aver lasciato sola la famiglia di Stefano (nessun rappresentante delle istituzioni era presente alla manifestazione). Dopo alcuni interventi di militanti e amici di Stefano i manifestanti si sono riuniti in un corteo improvvisato che da via Laparelli si è diretto verso via di Tor Pignattara.
Unico momento di tensione quello vissuto davanti alla caserma dei carabinieri. Tra i cori c’è stato anche chi ha gridato “ASSASSINI!”.


FONTE: Redazione Pigneto Today

Il “suicidio” Cucchi

venerdì, Giugno 7th, 2013
di il simplicissimus

L’ incredibile sentenza sull’assassinio di Stefano Cucchi era già scritta, era già nelle parole sguaiate
di Carlo Giovanardi  triste e ottuso rappresentante di un potere oligarchico e reazionario che finge di
essere moderato: “Se l’era voluta”. Dentro quella frase c’era la manifesta colpevolezza degli apparti
dello Stato e allo stesso tempo la loro assoluzione. Il fatto che Cucchi fosse stato un tossicodipendente e fosse stato trovato in possesso di una quantità di droga che apparirebbe risibile a molti dei cocainomani abituali che sono in Parlamento, è stato l’alibi per massacralo prima e non curalo poi, per trasformare una persona marginale da cittadino a vittima di un bestiale sadismo e di una colpevole noncuranza di medici e infermieri timorosi di dover svelare, proprio attraverso le cure,
l’origine del massacro.

La sentenza di primo grado è completamente dentro questo paradigma e completamente fuori dalla logica dal momento che Cucchi prima si sarebbe ammazzato di botte da se stesso e poi la sua salvezza sarebbe stata trascurata da medici, infermieri e guardie carcerarie: una storia senza senso che tuttavia non è altro che il riflesso dell’insensatezza di una società avvitata su se stessa e dove corporazioni, clan, bande la fanno da padrone in mancanza di qualsiasi cognizione di speranza e solidarietà, una società che vive dentro un egoismo miserabile e suicida. Un uomo è stato pestato a morte, i colpevoli sono noti e persino alla sbarra, ma nessuno si farà un solo giorno di galera: chi è mai Stefano Cucchi per pretendere giustizia?
Ma bisogna andare oltre: chi è mai un cittadino per pretendere giustizia, per non essere presto a pugni e calci se si presenta l’occasione, per essere curato e infine per avere una sentenza che non sia un mercato delle vacche tra poteri? Chi è un cittadino per avere dignità anche se non ha amicizie che contano, soldi, contatti, corporazioni che intervengono a suo favore? E’ proprio nessuno, anzi nemmeno è un cittadino, è un suddito che non può permettersi errori e deve subire quelli degli altri.
Così siamo ridotti, ma molti ci si accomodano facilmente, visto che hanno incontrato la parola dignità solo su qualche antologia delle scuole medie e vivono bene nei ventri di vacca. Se ci scandalizziamo del processo dobbiamo scandalizzarci della politica, dei media, dell’iniquità, del sadismo e della noncuranza che viene espressa da ogni parte. Dovremmo anche scandalizzarci per chi vota Giovanardi. Ma tutto questo ce lo siamo proprio voluto.

FONTE: il simplicissimus

Parigi, morto ragazzo di sinistra: ucciso da fascisti

giovedì, Giugno 6th, 2013
GRUPPO SKINHEAD AGGREDISCE E UCCIDE UN GIOVANE DI SINISTRA.

Orrore a Parigi: il 18enne Clement Meric è in stato di morte celebrale dopo essere stato violentemente aggredito ieri sera “da militanti del gruppo Gioventù nazionalista rivoluzionaria”

PARIGI – Un giovane militante di sinistra, il 18enne Clement Meric, è in stato di morte cerebrale dopo essere stato violentemente aggredito ieri sera a Parigi da un gruppo di skinhead. L’aggressione è stata denunciata da Alexis Corbiere, segretario regionale del partito di Sinistra dove militava il ragazzo.



Corbiere, che parla sul suo blog di “orrore fascista”, accusa dell’aggressione militanti del gruppo di estrema destra Gioventù nazionalista rivoluzionaria (Jnr). Secondo la polizia, citata su Le Monde, si tratta di un’aggressione “a connotazione politica”.  I fatti sono avvenuti nella zona della stazione Saint Lazare.
Il ministro degli Interni, Manuel Valls, ha proclamato oggi la sua “totale determinazione a sradicare questa violenza che porta il segno dell’estrema destra”, dopo questa aggressione seguita ad uno scontro “fra due gruppi di persone molto probabilmente per ragioni d’ordine politico”.
A quanto riferiscono fonti della polizia, citate dai media, nella zona era stata organizzata una vendita di abiti privati. Verso le 18 tre giovani vestiti come skinhead, fra cui una donna, sono arrivati e si sono scontrati con i giovani sul posto. Vi sono stati spintoni e invettive, poi i tre sono stati “raggiunti da rinforzi”.
Secondo alcune testimonianze, in uno scontro successivo la vittima sarebbe stata sbattuta violentemente contro un palo. Il partito di Sinistra ha convocato una manifestazione di protesta per questo pomeriggio alle 18.30.


FONTE: Today

Terni, polizia carica operai ex ThyssenKrupp in corteo: sindaco ferito

mercoledì, Giugno 5th, 2013
Parla di una “violenza incomprensibile” da parte della polizia il sindaco di Terni Leopoldo Di Girolamo, rimasto ferito da una manganellata nel corso del corteo dei lavoratori dell’Ast (ex ThyssenKrupp). Poche parole dette nel corso dell’occupazione dei binari della stazione poco prima di essere medicato. Secondo l’assessore allo Sviluppo economico, Sandro Piermatti, che era vicino al sindaco al momento dei tafferugli, “i lavoratori erano a mani alzate ma è partito l’ordine di manganellare, senza ragioni evidenti. Una cosa del genere non è mai successa – continua -, decine di volte la stazione è stata occupata pacificamente e poi lasciata libera”. Si dice indignato anche il senatore del Pd Gianluca Rossi, anche lui presente stamani, che annuncia che chiederà conto di quanto successo al Governo.

Il corteo con alcune centinaia di persone che, partito dai cancelli dell’Ast, avrebbe avuto come meta la sede della prefettura, in realtà è proseguito, di corsa, fino alla stazione, con i manifestanti che hanno superato lo sbarramento della polizia. In questa occasione si è registrato qualche contatto tra agenti e manifestanti, con questi ultimi che sono entrati nella stazione. L’ingresso in stazione era avvenuto in modo pacifico dopo che manifestanti e agenti si erano fronteggiati per alcuni minuti, senza arrivare a contatto, davanti agli ingressi dello scalo. Lo sciopero era stato indetto dai sindacati di categoria dopo l’esito non soddisfacente degli ultimi incontri con la proprietà del sito siderurgico, la multinazionale finlandese Outokumpu, che aveva considerato “non accoglibili” le offerte presentate sinora per l’acciaieria, paventando l’ipotesi di allungare i tempi per la vendita.

Lo sciopero quindi è stato prorogato fino alle 14. “Nella storia della città una cosa del genere non era mai accaduta – ha detto il segretario della Fiom Cgil Claudio Cipolla ai lavoratori riuniti davanti al palazzo del Governo -, abbiamo denunciato non solo formalmente quanto successo e chiesto le dimissioni del questore”. Spiegando che il prefetto si è scusato più volte con la delegazione e ha annunciato che la regia dell’ordine pubblico sarà da ora in poi coordinata da lui direttamente, Cipolla ha aggiunto che gli è stato chiesto di avviare tutte le procedure e gli approfondimenti del caso per individuare i responsabili di quanto successo. “Insieme alle istituzioni regionali e ai parlamentari – è stato detto ancora dal sindacalista – verrà promossa un’azione nei confronti del ministero, che doveva garantire il corretto svolgimento della manifestazione”.
“Oggi se fossimo stati matti o terroristi, ci sarebbe stata la guerra civile” ha concluso Cipolla, annunciando che la prossima settimana verrà organizzata una nuova iniziativa di cui nelle prossime ore verranno resi noti “modi e forme”.

FONTE: il Fatto Quotidiano

Barcellona: scontri tra pompieri e polizia [+ link video]

mercoledì, Maggio 29th, 2013

Oggi circa 500 vigili del fuoco hanno energicamente protestato davanti alla sede del Parlament di Barcellona contro gli ormai cronici buchi nell’organico e per la mancanza di risorse che il governo regionale ha destinato alla campagna estiva contro gli incendi. Cariche, scontri e un arresto.

La protesta dei pompieri catalani, molti dei quali indossavano caschi e divise, è iniziata sotto la sede del ‘ministero’ della Sicurezza ed è arrivata fin sotto il portone del parlamento regionale di Barcellona, dove la tensione è
presto aumentata fino a che le unità antisommossa dei Mossos d’Esquadra hanno caricato i vigili del fuoco che però hanno resistito. I manifestanti avevano acceso un gran falò a pochi metri dalla sede istituzionale ed hanno lanciato petardi e uova contro i cordoni degli agenti della Brigata Mobile dei Mossos schierati a protezione dell’assemblea autonoma.

Slogan ed esplosioni hanno disturbato la seduta della Commissione agli Interni alla quale stava partecipando il titolare Ramon Espadaler e il consigliere all’agricoltura Josep Maria Pelegrí, chiamati a presentare la campagna antincendio. Naturalmente il rappresentante del governo catalano ha fatto notare che mentre durante la riunione istituzionale erano state adottate decisioni importanti grazie al ‘civile dibattito’ fuori i lavoratori si erano comportati in modo ‘aggressivo e violento’. Ma ha mancato di specificare che la campagna destinata a frenare la distruzione del territorio catalano durante i mesi estivi ha segnato nuovi tagli al personale e alle risorse da destinare a questo difficile e pericoloso compito. La Generalitat catalana ha infatti deciso di mantenere lo stesso stanziamento previsto lo scorso anno, ma di ridurre il numero di vigili del fuoco impegnati nella campagna e soprattutto il numero di ore retribuite ai pompieri ausiliari, fondamentali nel contrasto degli incendi estivi visti i buchi di organico tra quelli a tempo pieno.

Dopo la prima carica ne è seguita una seconda ma i lavoratori non hanno voluto indietreggiare e quindi ne sono seguiti degli scontri durante i quali un pompiere – Rafael Blanco – è stato arrestato e poi rilasciato ma solo dopo esser stato denunciato per ‘resistenza a pubblico ufficiale’ e altri reati. Ma il vigile del fuoco ha negato di aver mai lanciato pietre mentre non ha smentito di aver tentato di togliere una radio a un celerino giustificandosi con la necessità di difendersi dai poliziotti che stavano agendo con estrema violenza contro i lavoratori ed in quel momento ha ricevuto una violenta manganellata.

La detenzione del pompiere ha generato per alcuni minuti una forte rabbia tra i manifestanti, che hanno minacciato di andarselo a riprendere fin dentro gli uffici della polizia nel Parlamento dove era stato condotto. Poi però avendo ricevuto rassicurazioni sulla pronta liberazione del loro compagno, i pompieri hanno atteso la sua scarcerazione ottenuta anche grazie all’intervento di alcuni deputati regionali e degli attivisti sindacali.

Potete trovare i video della protesta su youtube: canale BarcinoNews, oppure canale Europapress.

                                   

IMPORTANTE! Firmate questa petizione per lottare contro la violenza sulle donne.

lunedì, Maggio 27th, 2013
Buongiorno a tutti.

Vorrei invitare tutti quelli che non l’avessero ancora fatto, a recarsi sul sito Change.org e firmare la petizione lanciata da “Ferite a morte” (www.feriteamorte.it) al Governo ed al Parlamento Italiano, che chiede gli Stati Generali contro la violenza, SUBITO.

Vi giro di seguito il testo della petizione e l’appello fatto da Serena Dandini.

Grazie. M.N. Suburbanrevol il blog.

Ancor prima che materia giuridica, è

emergenza culturale. Coinvolge tutti, uomini e donne. Bisogna affrontarla subito, partendo dalla prevenzione come altri Paesi hanno già fatto.

Per questo chiediamo al Governo di convocare con massima urgenza gli Stati Generali contro la violenza sulle donne. La lotta contro ogni forma di sopruso, fisico e psicologico, verbale e virtuale, deve essere la priorità dell’agenda politica di Governo e Parlamento.

Appello di Serena Dandini

A volte le cose sono più semplici di quello che sembrano. Non servono investimenti mastodontici e non c’è bisogno di chiamare l’esercito o invocare la pena di morte. In Italia ci sono già leggi, esempi virtuosi, energie locali e esperienze professionali che lavorano da anni contro la violenza alle donne: vanno ascoltate, coordinate, finanziate e collegate in un nuovo piano nazionale.

Una donna maltrattata, minacciata, molestata, umiliata da violenze fisiche o psicologiche è un dramma e un danno per la società intera, non un trascurabile effetto collaterale di una storia d’amore andata a male.

Siamo tutti coinvolti e responsabili, anche se non direttamente violenti, perché abbiamo comunque ignorato o avallato comportamenti considerati bonariamente scontati, endemici della nostra cultura mediterranea, simpatici machismi che fanno folklore e nessun danno. E invece anche le parole sono delle armi taglienti. Non possiamo più sentire negli articoli di cronaca frasi come “Delitto passionale” o “Raptus improvviso di follia”. Che raptus può essere un gesto annunciato da anni di violenze, minacce e ricatti?

Lo sapevano tutti che prima o poi qualcosa sarebbe successo: i vicini, il quartiere intero, persino al pronto soccorso e al commissariato di zona dove fioccano a volte denunce inascoltate. L’Italia è stata severamente redarguita dalle Nazioni Unite nella relazione di Rashida Manjoo, Rapporteur speciale del 2012 che dopo gli insulti al presidente della Camera avrebbe forse rincarato la dose:

“La maggior parte delle manifestazioni di violenza in Italia sono sotto-denunciate nel contesto di una società patriarcale dove la violenza domestica non è sempre vissuta come un crimine… e persiste la percezione che le risposte dello Stato non saranno appropriate o utili”.

Parole pesanti, gravissime, che avrebbero dovuto almeno stimolare un dibattito e che invece sono scivolate via nei cestini dei ministeri. Se ci sgridano per il debito pubblico o lo spread che s’innalza, corriamo come bambini impauriti a giustificarci mentre davanti a queste “vergogne” i governi fanno spallucce.

La violenza maschile sulle donne non è una questione privata, ma politica.

Ecco perché vi chiedo di firmare l’appello di “Ferite a morte” che chiede al Governo e al Parlamento di convocare senza indugi gli Stati Generali contro questa violenza. Servono interventi immediati, è necessario riconoscere l’urgenza e istituire finalmente un Osservatorio Nazionale che segua il fenomeno.

Grazie,

Serena Dandini via Change.org

RODOTA’: la buona azione di Bologna.

sabato, Maggio 25th, 2013
In occasione del tanto discusso, quanto inutile referendum che si terrà a Bologna domenica 26 maggio vorrei cominciare questo articolo ricordando cosa dice il bellissimo Articolo 33  della Costituzione Italiana:

Stefano Rodotà

L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.


La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.


Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.


La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.

E` prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato. 

…inoltre voglio pubblicare la splendida lettera di Stefano Rodotà pubblicata su “Il Manifesto”, che spero, tolga eventuali dubbi e chi ne ha, e faccia capire a chi ancora non l’ha capito quanto è importante e fondamentale votare A.  

Buona lettura e buon voto.  M.N.


Si svolge domenica 26 maggio a Bologna un referendum sul finanziamento alla scuola privata
importante, difficile e rischioso. Ma la politica, quella vera, è anche, e in molti casi soprattutto, proprio capacità di assumere rischi quando sono in questione principi, quando bisogna cercar di promuovere mutamenti nella società e nel sistema politico-istituzionale. Quel che dovrebbe sorprendere, allora, non è che qualcuno abbia avuto l’ardire di promuovere un referendum, ma che questo referendum si debba fare. E oggi, in presenza di iniziative politiche a dir poco azzardate, è più che mai necessario riprendere il filo, spezzato in questi anni, della politica costituzionale e della legalità che essa esprime.
L’oggetto specifico è quello ricordato – risorse pubbliche a beneficio di scuole private. Per giustificare questa scelta, a Bologna, e non solo, si adoperano argomenti di opportunità e ritornano le contorsioni giuridiche alle quali da anni si ricorre per aggirare l’articolo 33 della Costituzione. Ma questo, davvero, è un punto non negoziabile, per almeno due ragioni. La prima riguarda la necessità di rispettare la chiarissima lettera della norma costituzionale che parla di una scuola privata istituita “senza oneri per lo Stato”. Ma bisogna anche ricordare – e questa è la seconda considerazione – che è sempre la Costituzione a prevedere che lo Stato debba istituire “scuole statali per tutti gli ordini e gradi”. In tempi di crisi, questa norma dovrebbe almeno imporre che le scarse risorse disponibili siano in maniera assolutamente prioritaria destinate alla scuola pubblica in modo di garantirne la massima funzionalità possibile. Non a caso, Piero Calamandrei definì la scuola pubblica “organo costituzionale”, individuando la linea dalla quale non può allontanarsi nessuna istituzione dello Stato.
Il cardinale Bagnasco ha dichiarato che quel finanziamento permette allo Stato di risparmiare. Non comprende che non siamo di fronte a una questione contabile. Si tratta della qualità dell’azione pubblica, del modo in cui lo Stato adempie ai suoi doveri nei confronti dei cittadini. La consapevolezza di questi doveri si è assai affievolita in questi anni, e le conseguenze di questa deriva sono davanti a noi. È ottima cosa, allora, che siano proprio i cittadini a ricordarsene e a chiedere con un referendum che la legalità costituzionale venga onorata.
I cittadini bolognesi hanno oggi la possibilità di far valere un principio, al di là delle convenienze. E, comunque si concluda questa vicenda, è stata fatta una buona azione civile, destinata a lasciare un segno nelle coscienze.

Buon voto a tutte e a tutti.

Stefano Rodotà




FONTE: Il Manifesto art. del 05.maggio.2013

Morto Don Gallo, l’altra faccia della Chiesa: addio al prete degli ultimi e dei movimenti. +[VIDEO]

mercoledì, Maggio 22nd, 2013
Don Gallo insieme a Maurizio Landini

Sigaro, basco, voce roca. L’iconografia di un Che Guevara anziano con la tonaca.

Il sacerdote genovese ha speso la sua vita in rotta con le gerarchie ecclesiastiche. Nel 1970 fu il cardinale Siri a “licenziarlo” perché troppo di sinistra: da allora restò senza parrocchia, ma con tenti fedeli. Tra loro, Fabrizio De Andrè.

Mai restio a “sporcarsi le mani” in politica, ha sostenuto Doria e Vendola, mentre avrebbe visto bene Berlusconi “in Africa”. E a Grillo disse: “Non fare il padreterno”Mario Portanova | Il sigaro, il cappello, la voce roca, le sue verità rivoluzionarie. E’ morto a Genova Don Gallo (si chiamava Andrea, ma restava sempre sottinteso), da diversi giorni in condizioni di salute critiche.

Don Gallo lo guardavi, lo sentivi parlare, e non potevi fare a meno di pensare che strano corpaccione fosse la Chiesa cattolica italiana, capace di contenere lui insieme a Ruini, Scola, Andreotti, Comunione e liberazione… Prete, comunista, anarchico, no global, irriducibile dei “movimenti”, sempre dalla parte degli “ultimi”. La copertina di uno dei suoi tanti libri (“Non uccidete il futuro dei giovani”) lo ritrae in campo rosso con il basco, il pugno alzato, la bandiera della pace: un Che Guevara anziano e con la tonaca. Al G8 di Genova, nel 2001, si spese moltissimo. Incontrò Manu Chao per organizzare il concerto del musicista-icona dell’epoca, vide l’attacco immotivato dei carabinieri al corteo dei Disobbedienti di Casarini: “Una vera imboscata”, dirà a caldo pochi giorni dopo, e “Carlo muore”.

Don Gallo saluta!

Anche lui, di fronte alla “caccia all’uomo” in piazza e “al vergognoso termine della Diaz”, prova in quei giorni lo spiazzamento di chi ha “tutt’ora tanti amici nelle forze dell’ordine”. Don Andrea Gallo era nato a Genova l’8 luglio del 1928. Furono i Salesiani di don Bosco, i preti che stavano coi ragazzi, ad accendere la sua vocazione precoce. Ma con le gerarchie ecclesiastiche i rapporti non furono mai facili.
Tanti gli incarichi di frontiera – riformatorio, carcere – tanti gli stop e i trasferimenti forzati. Tra i suoi primi avversari Giuseppe Siri, storico cardinale di Genova. Siri, si ricorda nella
biografia ufficiale di don Gallo sul sito della Comunità di San Benedetto al Porto, era preoccupato per le sue predicazioni, per tutti quei discorsi che “non erano religiosi ma politici, non cristiani ma comunisti”. Nel 1970, quando davanti agli altari di molte chiese italiane il cristianesimo sposava pericolosamente i fermenti dell’estrema sinistra, fu “licenziato” dalla parrocchia del Carmine a Genova, perché alla Curia non piacque affatto il suo paragone tra i danni della droga e quelli determinati da disuguaglianze e guerre.

Da quel momento don Gallo resta un prete senza parrocchia, ma con tanti fedeli. Uno di questi è Fabrizio De Andrè, che gli diceva: “Ti sono amico perché sei un prete che non mi vuol mandare in Paradiso per forza”. Pochi anni dopo, dall’incontro con don Federico Rebora, nasce la comunità di San Benedetto al Porto, che accoglie tossicodipendenti, alcolisti, malati psichici… La bella trattoria della comunità, “‘A lanterna”, di fronte al mare, è sempre stata aperta a ospiti e agitatori di passaggio in città.

                                                                                                       

FONTE: “Il Fatto Quotidiano” per l’articolo, Il video YouTube: canale di “sergiogibbe“.

Roma, sabato 18 maggio 2013, Manifestazione Nazionale.

venerdì, Maggio 17th, 2013



BASTA NON POSSIAMO PIU’ ASPETTARE!

Diritto al lavoro, all’istruzione, alla salute, al reddito, alla cittadinanza  per la giustizia sociale e la democrazia.

Sabato 18 maggio i metalmeccanici si mobilitano e scendono in piazza a roma perché cinque anni fa con il governo Berlusconi ci avevano detto che la crisi non c’era, era passeggera, addirittura superata. negli ultimi due anni col governo monti, visto che la crisi non si poteva più negare, si è passati a un uso della crisi per legittimare le politiche di austerità in tutta europa.la scelta di non intervenire sulle cause ha determinato che il 10% della popolazione ha il 50% della ricchezza: i responsabili hanno quindi continuato ad aumentare le proprie rendite. inoltre le banche hanno ridotto il credito e investito in titoli spazzatura e la confindustria ha puntato sulla cancellazione dei diritti e la riduzione del salario. Risultato?

Hanno cancellato l’articolo 18, derogato ai contratti e alle leggi, tagliato la spesa sociale, chiuso ospedali e per 9 milioni di persone non è più garantito il diritto alla salute, chiuso scuole e università, posticipate e ridotte le pensioni. Hanno addirittura provato a generare una guerra tra inoccupati, disoccupati e precari, giovani e non, donne e uomini.l’italia continua a essere il paese con la massima evasione fiscale e la minore tassazione delle rendite finanziarie mentre attraverso le politiche fiscali hanno continuato a spremere pensionati e lavoratori dipendenti. i risultati di questa scelta sono: licenziamenti, aumento delle disuguaglianze sociali, impoverimento e inaccessibilità al lavoro. Questa condizione di solitudine ha addirittura portato persone a togliersi la vita.

E’il momento di cambiare il 18, a roma, manifestiamo per:- riconquistare il diritto del e nel lavoro – la riconversione ecologica del nostro sistema industriale per valorizzare i beni comuni acqua, aria e terra – un piano straordinario d’investimenti pubblici e privati e il blocco dei licenziamenti anche attraverso l’incentivazione della riduzione dell’orario con i contratti di solidarietà e l’estensione della cassa integrazione – un contratto nazionale che tuteli i diritti di tutte le forme di lavoro con una legge sulla democrazia che faccia sempre votare e decidere i lavoratori – un reddito per una piena cittadinanza di inoccupati, disoccupati e studenti – fare in modo che la scuola, l’università e la sanità siano pubbliche e per tutti – combattere le mafie e la criminalità organizzata che si sono infiltrate sia nella finanza che nell’economia – la rivalutazione delle pensioni e per un sistema pensionistico che riconosca la diversità tra i lavori – un’europa fondata sui diritti sociali e contrattuali, su un sistema fiscale condiviso e sul diritto di cittadinanza e sulla democrazia delle istituzioni.
Per queste ragioni ci rivolgiamo a tutte le donne, gli  uomini, i giovani, i precari, i disoccupati, i migranti, i pensionati, perché noi operaie, operai, impiegate e impiegati metalmeccanici, come voi, vogliamo una democrazia che ci permetta di partecipare e decidere del nostro futuro.





DOMANI TUTTI IN PIAZZA!!!








FONTE: contenuto del volantino FIOM in rif. alla manifestazione del 18 maggio 2013