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Bologna, tagli alla cultura. La Pinacoteca Nazionale rischia la chiusura

martedì, Luglio 2nd, 2013

La galleria d’arte che ospita le opere di Guido Reni, Annibale Carracci, il Guercino e tanti altri artisti, rischia di chiudere i battenti. Dopo il ridimensionamento degli orari di apertura al pubblico, i sindacati lanciano l’allarme: “Manca un programma serio alla base e almeno 15 persone in organico”Guido Reni, i Carracci e il Guercino potrebbero non avere più una casa. La Pinacoteca Nazionale di Bologna di via Belle Arti, con più di 300 anni di storia alle spalle, rischia di chiudere i battenti.

La situazione al limite del collasso è stata annunciata in un comunicato congiunto dalle tre sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil: “I soldi per la semplice gestione degli edifici tendono allo zero e manca personale qualificato: lanciamo un grido d’allarme per scongiurare la chiusura di siti culturali dal valore inestimabile a partire dalla nostra Pinacoteca”



Tagli e carenza di personale non funestano soltanto siti archeologici come Pompei o il Colosseo, luoghi d’arte riconosciuti in tutto il mondo. La crisi del settore “cultura” piomba anche a Bologna nell’ambito artistico-museale e non sembra essere un temporale estivo, ma un vero e proprio tsunami.
“Per il 2013, per i nostri istituti di Bologna, Ferrara e Faenza, riceviamo dal Ministero dei Beni Culturali 60000 euro a fronte di un fabbisogno di 600000”, spiega il sopraintendente al Patrimonio storico e artistico Luigi Ficacci, “con questa cifra dobbiamo coprire i costi di gestione ordinaria eccetto lo stipendio base del personale. Una situazione gravissima da anni che non si riesce più a gestire”.

Sono 25 mila i visitatori che ogni anno ammirano le bellezze della pittura emiliana tra il XIII e il XVIII secolo, oltre a diversi dipinti di Giotto e Raffaello. Un patrimonio che rischia di sparire alla vista del pubblico in pochi istanti e che deve già fare i conti con il primo segnale che ha messo l’intero settore dei Beni Culturali dell’Emilia Romagna in allarme: la chiusura della sezione distaccata della Pinacoteca, a Palazzo Pepoli Campogrande in via Castiglione 7 che rimarrà chiusa per tutta la stagione estiva, “cioè proprio nel periodo di massima affluenza di visitatori”, come puntualizza Maurizio Serra della Fp-Cgil Se le cose non cambieranno, il secondo provvedimento paventato potrebbe essere una riduzione ancora maggiore degli orari della Pinacoteca, dopo il drastico ridimensionamento già in atto da poche settimane. Tanto che l’apertura al pubblico del palazzo di via Belle Arti è diminuita in termini di ore, con il personale concentrato solo la mattina o solo il pomeriggio per permettere almeno la fruizione di tutte le sale da parte dei visitatori. “E’ assente una programmazione seria alla base”, continuano i sindacati, “e mancano almeno 15 persone in organico”.Unico dato positivo è l’interessamento del neoministro della Cultura, Massimo Bray, che “si è impegnato a fare il possibile al tavolo del governo”.


FONTE

Quello che dovresti sapere sulla vivisezione

lunedì, Luglio 1st, 2013
Quello che dovresti sapere sulla vivisezione

Intervista di Marcello Pamio 
a Stefano Cagno

Siamo stati – dicono – sulla Luna, abbiamo inviato sonde su alcuni pianeti del sistema solare e la tecnologia sta facendo letteralmente sognare l’uomo. Nonostante questi indubitabili passi da gigante, c’è una parte della scienza che è rimasta ferma al Medioevo e forse ancor prima: la ricerca in ambito medico.
Nell’epoca dei computer tascabili, ogni anno vengono uccisi milioni di animali per sperimentare farmaci, vaccini e nello sviluppo di apparecchiature! Centinaia di milioni di esseri viventi, tra cui topi, ratti, e cavie, ma anche conigli, cavalli, pecore, uccelli, cani, gatti e primati, vengono per così dire, immolati ogni anno, sull’altare della cosiddetta scienza, il tutto ovviamente per il nostro benessere, almeno questo è quello che ci dicono. Ma è proprio così?



Forse no, visto che, nonostante i 58.000 farmaci, gentilmente messi a disposizione dall’industria farmaceutica, per le 40.000 malattie diverse, continuiamo a morire per patologie cardiovascolari, tumorali e cronico-degenerative.
Per capirne di più, siamo andati ad intervistare il dottor Stefano Cagno, alla presentazione del suo ultimo libro Tutto quello che dovresti sapere sulla vivisezione, organizzata a Padova dalla Lav (Lega anti-vivisezione), con la presenza della d.ssa Maria Concetta Digiacomo.
Cagno è un medico chirurgo specializzato in psichiatria e lavora a Milano come dirigente ospedaliero.
Dottor Cagno, perché un libro simile? Com’è nata l’idea…L’idea non è stata mia ma di Viviana Ribezzo, l’editrice delle Edizioni Cosmopolis. Un giorno mi propose di scrivere un libro semplice sull’argomento, ma all’inizio, per via dei troppi impegni, declinai. Poi col passare del tempo, mi sembrò una buona idea e alla fine accettai.
La sperimentazione animale – basata su preconcetti – è nata in tempi lontanissimi, dove la maggior parte delle persone non sapevano neanche leggere, ed è sopravvissuta grazie all’ignoranza, cioè alla non conoscenza delle persone. Perché non offrire a tutti uno strumento snello per cominciare ad informarsi correttamente sulla vivisezione?
Quanto è importante la conoscenza del fenomeno?

Se le persone sapessero realmente cosa accade nei laboratori di sperimentazione; se sapessero solo alcune cose, probabilmente sarebbero tutti contrari a tale abominio, e non mi riferiscono solo gli animalisti, ma a tutti quanti, anche a coloro che detestano gli animali.
Se queste persone venissero a sapere che il 92% delle sostanze chimiche che superano brillantemente la sperimentazione sugli animali NON superano poi la sperimentazione umana (obbligatoria per legge), come si comporterebbero?
Questi sono dati FDA (Food and Drug Administration).
Nel 92% dei casi, le sostanze chimiche che risultano ‘sicure’ per gli animali, non diventeranno MAI un farmaco, e questo perché nell’uomo risultano essere tossiche o non funzionano, o entrambe le cose.
Rimane un banale 8%. Ma il 51% di questo 8%, cioè oltre la metà delle sostanze che superano la sperimentazione animale e anche quella umana, secondo l’Associazione dei medici americani, presentano gravi reazione avverse.
In pratica il 51% dei farmaci che vengono commercializzati inducono pericolosi problemi sanitari. Tradotto in numeri: 100.000 statunitensi muoiono ogni anno per quei farmaci che risultano essere sicuri negli animali! Questo le persone devono sapere.
Perché parla di preconcetti? 

La vivisezione sopravvive oggi grazie ai preconcetti che i mass-media hanno trasmesso nei decenni e nei secoli passati alle persone.
Uno di questi preconcetti è che grazie al “sacrificio” degli animali, si può procedere a scoperte scientifiche che potranno fare il bene della nostra specie. Quindi è giusto e doveroso sacrificare gli animali per il bene dell’uomo!
Questo è un vero e proprio preconcetto: non solo non c’è alcuna dimostrazione scientifica di questa affermazione, ma esistono sempre più studi che affermano il contrario, ossia che dal sacrificio degli animali si ottiene un danno agli animali stessi, e poi un danno all’uomo.
E’ più corretto parlare di vivisezione o sperimentazione animale?

Sperimentazione animale e vivisezione sono due sinonimi.Paradossalmente molte persone che sperimentano su animali dicono di essere contrari alla vivisezione perché loro “sperimentano su animali”, “non sezionano gli animali da vivi”, quindi questo non li farebbe soffrire.
Ma la sofferenza di un animale non la si provoca solo sezionandolo dal vivo: ci sono mille modi diversi per farlo soffrire. Stare in una gabbia, spesso minuscola, senza relazioni sociali con la stessa specie, con la luce sempre accesa, e già questa una forma di sofferenza.
Altra cosa che dicono i ricercatori è che durante gli esperimenti “gli animali non soffrono perché vengono applicate tutte le precauzioni”…
Questo è molto interessante, perché gli stessi dati ufficiali britannici smentiscono tali affermazioni: nel 70% dei casi non viene dato né anestesia, né analgesia e nella maggioranza del rimanente 30% viene dato solo un antidolorifico.
Dopo quello che ha appena detto, come fanno i vivisettori a studiare sugli animali un farmaco contro il dolore senza farli soffrire? 

Per studiare i farmaci antidolorifici, si deve studiare il dolore, e come si fa a studiare il dolore senza indurlo nell’animale?
E’ così ovvio che è perfino banale: se non fanno soffrire un animale, non riescono a valutare se il farmaco funziona oppure no! Per esempio, per studiare le fratture, vengono spezzate le zambe agli animali. Come si fa a dire che non soffrono?
Io faccio lo psichiatria e detto tra noi, psichiatri, psicologi e fisiologi sono le categorie peggiori, quelli che fanno gli esperimenti più perversi.
Uno degli esperimenti classici in psichiatria e psicologia consiste nel prendere un animale, di solito un gatto, e impiantargli elettrodi nella testa e successivamente fargli passare la corrente elettrica.
Possiamo ancora negare che quell’animale soffra?
I vivisettori per studiare gli antidolorifici inducono il dolore negli animali, ma cosa fanno per studiare gli psicofarmaci? Come possono estrapolare dati utili per l’uomo, studiando un farmaco per il disturbo bipolare, schizofrenia o depressione su dei poveri animali? 

Gli scienziati odierni hanno la presunzione di estrapolare i dati dagli animali agli esseri umani, o da una specie ad un’altra. Questo è, per usare le parole del grande Pietro Croce, un ‘errore metodologico’.
Io in ambito psichiatrico parlo di doppio errore metodologico, perché non solo non si ha lo stesso substrato biologico, ma con gli animali non condividiamo neppure la stessa modalità di comunicazione. 

Non siamo in grado di comprendere il linguaggio degli animali, quindi non possiamo capire esattamente cosa vogliono comunicarci quando miagolano, ragliano, ecc.
Come fanno a studiare le patologie psichiatriche negli animali che non parlano?
Vi spiego un trucco da vero prestigiatore che finora ha funzionato bene…
Vengono date agli animali delle sostanze chimiche, per esempio allucinogeni, che fanno cambiare il loro comportamento, e poi si presume che tale cambiamento del comportamento sia indice di una malattia mentale paragonabile a quella umana.
Da sempre ci continuano a dire che i vivisettori utilizzano gli animali perché sono differenti da noi, perché non hanno lo stesso sviluppo cognitivo, ecc.
Ma quando studiano per esempio la depressione, schizofrenia, l’ansia negli animali non gli riconoscono un mondo emotivo? Se questi animali non hanno un mondo emotivo, non vivono emozioni e non soffrono, allora il discorso decade da solo. Viceversa, se ce l’hanno, allora bisogna anche porsi il problema della sofferenza.
Ma non finisce qua, perché la cosa veramente incredibile è che tutti gli psichiatri del mondo per fare una diagnosi usano il DSM, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.
In tale manuale c’è scritto che per ogni diagnosi devono essere soddisfatti certi criteri. Alla fine sono riportati i cosiddetti “criteri di esclusione”. Questi criteri escludono la diagnosi quando vengono soddisfatti. Sapete qual è il criterio di esclusione uguale per tutte le patologie psichiatriche? 

“Bisogna escludere l’assunzione di sostanze psicoattive o malattie internistiche che possono essere responsabili di quei sintomi”.
E’ chiaro? In pratica, i criteri stessi attraverso i quali si creano degli animali psicotici, depressi o ansiosi, in realtà per i clinici, sono esattamente i criteri per escludere quelle stesse malattie!
In parole povere se un essere umano è allucinato perché ha assunto un allucinogeno dico che è drogato e non schizofrenico, se invece ad un animale somministro un allucinogeno dico che è schizofrenico.
Che tipo di rapporto, vicinanza o relazione c’è tra un modello che viene creato utilizzando dei criteri che sono escludenti la stessa condizione nell’uomo?
Questa, visto l’argomento, è follia pura o totale irrazionalità.
Per i farmaci tradizionali c’è la sperimentazione su animali e poi sull’uomo: vale la stessa cosa per gli psicofarmaci?

L’iter della sperimentazione degli psicofarmaci è identica a quella per i farmaci.
Se una casa farmaceutica vuole mettere sul mercato un nuova sostanza chimica, prima la sperimenta negli animali, dopo su persone che hanno un disturbo specifico e su volontari sani, che accettano di diventare “cavie umane” per denaro…
Alla fine la sperimentazione a chi serve?

La sperimentazione su animali serve soprattutto alle industrie farmaceutiche, perché possono cambiare specie animale e cambiando specie, ottengono tutto e il contrario di tutto, quindi selezionando la specie giusta possono sempre ottenere ciò che vogliono.
Possono dimostrare che la diossina è tossica, come nell’uomo, oppure totalmente innocua. Per il porcellino d’india per esempio la diossina è letale come per l’uomo, mentre per il criceto è innocua. Quale animale le case farmaceutiche utilizzeranno per studiare la diossina: il criceto o il porcellino?
Razionalmente e fisiologicamente siamo più vicino ad un porcellino d’India o a un criceto? Quando si hanno dati decisamente opposti, come si fa a stabilire qual é il modello per l’uomo? Si sperimenta sull’uomo che diventa così la vera “cavia” sulla quale otteniamo le informazioni corrette!
Dire NO alla sperimentazione animale ha quindi un valore etico e morale nei confronti del mondo animale, da una parte, e dall’altra salutare per l’essere umano. Ma quali sono le alternative alla vivisezione?

Gli strumenti sono moltissimi, la farmaco-genomica è una.
La farmaco-genomica è quella branca della scienza che associa l’assetto genetico di una persona ad una possibile risposta ad una determinata sostanza.
Se ho un gene di un tipo piuttosto che un altro, con questa tecnica posso capire se potrò avere un vantaggio o uno svantaggio da quella sostanza specifica. Attraverso la farmaco-genomica potrei stabilire a priori chi è allergico o no alla penicillina tanto per fare un banale esempio.
 

Fonte:pubblicato da Effervescienza inserto della rivista “Biolcalenda
http://www.disinformazione.it/vivisezione_cagno.html

JP Morgan all’Eurozona: “Sbarazzatevi delle costituzioni Antifasciste”

lunedì, Luglio 1st, 2013
Il team di analisti lo dice senza grandi giri di parole: “Dovete liberarvi delle leggi sinistroidi e antifasciste”. L’austerità farà parte del panorama europeo “per un periodo molto prolungato”.
Per JP Morgan “l’eccesso di democrazia” nell’Eurozona va assolutamente ridimensionato.


NEW YORK (WSI) – Gli economisti del gigante finanziario americano JP Morgan lo dicono senza troppi fronzoli ai governi europei: “Dovete liberarvi delle vostre costituzioni sinistroidi e antifasciste”.Lo si legge in un documento* di 16 pagine in cui vengono elencate le modifiche da apportare nell’area euro per riuscire a sopravvivere alla crisi del debito.



Oltre alla parte sul buon lavoro fatto sin qui, la sezione più interessante riguarda il lavoro che resta ancora da fare in termini di deleveraging delle banche e di alleggerimento del debito sovrano e delle famiglie.

Le riforme strutturali più urgenti, oltre a quelle politiche, sono secondo la banca quelle in termini di riduzione dei costi del lavoro, di aumento della flessibilità e della libertà di licenziare, di privatizzazione, di deregolamentazione, di liberalizzazione dei settori industriali “protetti” dallo stato.

Gli autori della ricerca osservano che nel cammino che porta al completamento degli accorgimenti da apportare alla propria struttura politico economica, l’area euro si trova a metà strada.

Ciò significa che l’austerità farà con ogni probabilità ancora parte del panorama europeo “per un periodo molto prolungato”.

L’analisi dei banchieri risale ormai a più di due settimane fa. Stupisce vedere che non abbia ricevuto un’attenzione maggiore. Gli unici ad avere scritto qualcosa sono i giornalisti del Financial Times, che però non fanno il benché minimo cenno alla parte più eclatante, quella sulla costituzione.

Probabilmente l’idea che le grandi banche – in parte colpevoli per la crisi scoppiata in Usa ormai sei anni fa – anticipino altri anni di austerità e rigore non sarebbe stata accolta con grande favore dall’opinione pubblica e dai governi.

Nessuno si illude che l’austerity scompaia da un giorno all’altro e nemmeno spera che lo faccia a breve. Tuttavia, ai paesi che hanno fatto ricorso al programma di aiuti internazionali della Troika (FMI, Bce e Commissione Ue) sono state fatte concessioni. Come premio delle modifiche strutturali apportate, è stato offerto in cambio un alleggerimento degli impegni presi in materia di riduzione del debito.

E’ un peccato che l’analisi di JP Morgan non abbia ricevuto l’attenzione che meritava. Si tratta infatti del primo documento pubblico in cui dei banchieri ammettono francamente come la pensano su certi temi.

Il problema non è solo una questione di reticenza fiscale e di incremento della competività commerciale, stando alla loro spiegazione, bensì anche di “eccesso di democrazia” che va assolutamente ridimensionato. L’elite finanziaria internazionale lascia intendere che se i paesi del Sud d’Europa vogliono rimanere aggrappati alla moneta unica devono rassegnarsi a rinunciare alla Costituzione.

DI SEGUITO UNA PARTE DEL DOCUMENTO ORIGINALE:

Quando la crisi è iniziata era diffusa l’idea che questi limiti intrinseci avessero natura prettamente economica: debito pubblico troppo alto, problemi legati ai mutui e alle banche, tassi di cambio reali non convergenti, e varie rigidità strutturali. Ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei paesi del sud, e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea. Quando i politici tedeschi parlano di processi di riforma decennali, probabilmente hanno in mente sia riforme di tipo economico sia di tipo politico.

I sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo.

I sistemi politici e costituzionali del sud presentano tipicamente le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se vengono proposte sgradite modifiche dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia).



FONTE: Wall Street Italia

LUNEDÌ 1 LUGLIO ORE 17.30 PIAZZA SAN LORENZO. MANIFESTAZIONE CONTRO GLI ABUSI IN DIVISA!

lunedì, Luglio 1st, 2013
LUNEDÌ 1 LUGLIO ORE 17.30 PIAZZA SAN LORENZO. MANIFESTAZIONE CONTRO GLI ABUSI IN DIVISA! 
 A qualche giorno dalla denuncia dell’aggressione alla Stazione, fatta da Ornella De Zordo in Consiglio Comunale, i fatti sono ancora più chiari. Per ammissione stessa del Comune la sera di giovedì 13 giugno era in corso un’operazione antiabusivismo del Nucleo antidegrado di Polizia Municipale di Firenze. Come questa operazione si sia compiuta è ormai tristemente noto. Così come appare sempre più chiaro che, da varie testimonianze ed avvenimenti accaduti, questa è la modalità “normale” di un nucleo speciale all’interno dei vigili, che gode di una sua impunità e che risponde direttamente al comandante Manzione ed al Sindaco Renzi. 


 
 La responsabilità politica di quanto accaduto ricade su chi, in nome della lotta al degrado, nella città di Firenze, la città che ha vietato anche i lavavetri, ha permesso e continua a permettere che possano agire “corpi speciali” dedicati quasi esclusivamente alla caccia all’immigrato, le cui pratiche sono inevitabilmente violente e repressive. Il deputato Pd e capogruppo in Consiglio Comunale Bonifazi (ma i doppi incarichi?), dice che i toni usati da Firenze Antifascista non fanno bene alla città e delegittimano le istituzioni; quello che non fa bene alla città, dove l’anno scorso un fascista ha sparato nei mercati rionali ai venditori ambulanti, è la retorica della lotta al degrado, gli allarmi sicurezza, l’uso dei corpi speciali per contrastare fenomeni sociali. E se si deve fare chiarezza, come detto dall’assessore Saccardi, bene: si inizino a visionare le telecamere della stazione a disposizione del Comune; e poi, ci saranno degli ordini di servizio, magari anche un verbale dell’intervento? Chi e perché aveva deciso di effettuare quell’operazione, chi erano i due anziani che guidavano la squadra… Vogliono nuovi elementi e nuovi testimoni? Anche quelli ci sono! Basterebbe chiedere conto alla GEST – l’azienda che gestisce la tramvia – per sapere chi fosse in servizio quella sera e cosa ha visto e se anche i loro controllori, così come avviene in ATAF, vengono affiancati alle forze di polizia per determinate operazioni di controllo o rastrellamento che dir si voglia. Tante sono le domande cui il Comune potrebbe rispondere per fare chiarezza, tante le domande che i giornalisti potrebbero porre all’amministrazione, se solo vi fosse l’interesse reale a fare chiarezza, invece di inseguire un ragazzo che ha avuto solo il coraggio di denunciare quanto aveva visto. E a chi si stupisce vogliamo ricordare quanti italiani o immigrati, sono usciti senza vita dalle carceri, dalle celle di sicurezza delle caserme e delle questure o a causa di pestaggi subiti per strada: Lonzi, Aldrovandi, Cucchi e Uva per fare alcuni esempi tristemente noti, Youssef Ahmed Sauri e Rhimi Bassem per ricordare i due ragazzi morti nelle celle di sicurezza della Questura di Firenze. Lunedì 1 luglio manifesteremo dal Mercato di San Lorenzo fin sotto le finestre del Comune in Piazza della Signoria; la Firenze Antifascista, insieme alle comunità di immigrati ai movimenti cittadini, agli studenti, sarà in piazza contro gli abusi in divisa e in solidarietà con le vittime della violenza poliziesca, per rompere il silenzio che circonda le storie di chi subisce le violenze e gli abusi in divisa. Sciogliere il reparto antidegrado della Polizia Municipale di Firenze!  
BASTA ABUSI IN DIVISA! 

Firenze Antifascista Coordinamento Antirazzista Antifascista Toscano

Odifreddi: Margherita Hack, la signora delle stelle

domenica, Giugno 30th, 2013
di Piergiorgio Odifreddi, da repubblica.it


Margherita Hack, la Signora delle Stelle, se n’è andata a 91 anni. Era da tempo gravemente malata, ma aveva deciso di non curarsi più, lasciando alla Natura la decisione di quando richiamarla a sé. Fino all’ultimo, dunque, è rimasta coerente con la sua figura di intellettuale impegnata: da un lato, concentrata nello studio e nell’apprezzamento delle bellezze del cosmo, e dall’altro lato, incurante delle convenzioni stabilite e insofferente delle superstizioni condivise.

Fin dalla giovinezza, aveva imparato a vivere sana. Era nata in una famiglia vegetariana e non aveva mai mangiato carne, facendo sua la motivazione esposta dal filosofo Peter Singer nell’ormai classico libro Liberazione animale (Mondadori, 1991):il fatto, cioè, che mangiare gli animali richiede di causar loro enormi sofferenze, dalla nascita alla morte, e rende complici di quella che la Hack chiamava una “ecatombe giornaliera”.

A difensori dell’inciviltà dei McDonald’s, che provavano a sostenere con lei che un bambino necessita di carne per crescere, la Hack rispondeva che non solo lei era cresciuta benissimo, senza mai aver avuto malattie serie, ma aveva potuto praticare sport agonistici, diventando in gioventù campionessa di salto in alto e in lugno. E ancora a ottant’anni faceva giri in bicicletta di 100 chilometri e giocava a pallavolo.

L’altra faccia del vegetarianesimo della Hack era il suo famoso amore per i gatti, dei quali viveva circondata in casa, e che spesso si vedevano gironzolare attorno a lei, o sederle vicino, durante le interviste registrate o gli interventi in videoconferenza. Come quello nel quale l’abbiamo vista l’ultima volta, il 9 maggio scorso a Pisa, nei Dialoghi dell’Espresso dedicati al tema Perché la ricerca è indispensabile.

Questo intervento non fu che l’ultima testimonianza pubblica di una grande affabulatrice, che col passare del tempo aveva dedicato sempre più energie a raccontare, a voce e per iscritto, le meraviglie delle stelle e dell’universo. E poiché lo faceva con grande passione e altrettanta chiarezza, era ormai diventata la più famosa divulgatrice scientifica italiana, contendendo alla Levi Montalcini il primato per la popolarità.

Le sue conferenze erano affollate come concerti, e sentirla raccontare le ultime scoperte astronomiche era un vero piacere per le orecchie e per la mente. D’altronde, era quello il suo vero lavoro, forse più nascosto e meno noto al pubblico. Aveva cominciato a interessarsene fin dalla sua tesi di laurea, nell’ormai lontano 1945, sulle Cefeidi. Aveva poi insegnato astronomia a Trieste, dove tuttora viveva, dirigendone per quasi venticinque anni l’Osservatorio Astronomico.

Il suo valore scientifico era testimoniato dalla sua appartenenza all’Accademia Nazionale dei Lincei, di Galileiana memoria, e dalle sue collaborazioni con l’Ente Spaziale Europeo e la Nasa statunitense. Ma fin dagli anni ’70 aveva iniziato il suo impegno per la disseminazione del sapere scientifico in una società come quella italiana, succube di preti e idealisti, che rimane ancor oggi preda di un atteggiamento antiscientista e superstizioso.

Fin dagli inizi aveva dunque collaborato con il Cicap, il Comitato per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale, fondato nel 1989 da Piero Angela. E la sua verve toscana le era servita spesso, per mettere alla berlina le credenze più retrograde e sciocche, spesso propagandate dai media. E non solo, visto che solo qualche settimana fa l’intero Parlamento italiano ha votato all’unanimità a favore della sperimentazione della cura medica Stamina proposta da uno psicologo di professione (sic), rendendoci ancora una volta gli zimbelli del mondo scientifico internazionale, e facendoci sbeffeggiare per ben due volte dalla rivista Nature.

Oltre che contro le superstizioni antiscientifiche, la Hack combatté coraggiosamente anche contro quelle religiose e organizzate. Era presidente onoraria dell’Uaar, l’Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti, che si propone di dar voce a quel 15 per100 della popolazione italiana che non crede nelle favole mediorientali, ma che certo non riceve il 15 per 100 della visibilità sui media, e non ottiene l’8 per 1000 di finanziamento statale.

A questo proposito, a Natale ho avuto il dubbio onore di condividere con lei uno dei tanti episodi di intolleranza religiosa nei confronti dei non credenti, in questo paese di bigotti. Un prete fondamentalista di Firenze mise infatti le nostre foto, insieme a quelle di Corrado Augias e Vito Mancuso, in una specie di “presepio degli orrori”, che comprendeva Hitler, Stalin e Pol Pot. L’idea era di accomunare i non credenti ai nazisti e ai comunisti, per mostrare che senza fede si finisce dritti ai campi di concentramento e ai gulag.

La Hack reagì nella miglior maniera, a questa stupida provocazione: si fece una bella risata, e diede del “bischero” a quel prete. Ma comunista lei lo era per davvero, e lo rimase anche dopo la caduta del Muro di Berlino. Militò in vari partiti dell’estrema, e alle regionali del 2010 fu eletta nel Lazio con la Federazione della Sinistra, anche se alla prima seduta del consiglio si dimise per lasciare il posto al primo non eletto.

Era dunque uno degli ultimi rappresentanti di quella specie ormai in via di estinzione che è l’intellettuale engagée, che pensa con la propria testa invece che con quella degli altri. Di Margherita Hack, come di Rita Levi Montalcini o di Franca Rame, ci sarebbe un gran bisogno. E ora che anche l’ultima di loro se n’è andata, toccherà a qualcun altro indicarci la via, e ricordarci che la ragione e l’onestà sono caratteristiche indispensabili per vivere degnamente in una societ‘a civile.

(30 giugno 2013)

Poco spazio in cella? Basta tenere aperta la porta

martedì, Giugno 25th, 2013
Si chiama “vigilanza dinamica”, è una soluzione “all’italiana” al problema del sovraffollamento.

Evadere da quei 3 claustrofobici metri quadrati a disposizione e riguadagnare spazio e dignità sottratti. Non si tratta di un’azione illegale, ma di un diritto finalmente riconosciuto. 
È l’ordinanza 2013/1324, datata 16 maggio 2013, del Tribunale di Sorveglianza di Lecce, che dispone il trasferimento di un detenuto nel carcere di Borgo San Nicola “in una cella adeguata alla normativa vigente”. Nulla di più e nulla di meno che nel rispetto della legge.



Eppure, è la prima volta che accade in Italia: un giudice ordina all’amministrazione penitenziaria di mettere a disposizione del detenuto le condizioni previste dai regolamenti. E lo fa con un’ordinanza che – secondo una recente sentenza della Corte costituzionale – ha effetto coercitivo. In buona sostanza, se l’amministrazione del carcere non dovesse eseguirla nell’immediato, commetterebbe un reato…


Il provvedimento, qualora divenisse esempio per altri detenuti e per altre realtà, potrebbe avere l’effetto di un macigno sulla situazione ormai disperata delle carceri italiane. Tassi di sovraffollamento altissimi e frequenti suicidi, infatti, hanno reso tristemente famosi in tutta Europa i penitenziari di casa nostra.
“Ma è da qui che bisogna ripartire”, ha commentato l’avvocato Alessandro Stomeo, difensore del detenuto leccese. “La soluzione del problema non si trovava nel divieto di tortura o nell’articolo 27 della Costituzione. Esistono, molto semplicemente, delle norme interne: l’articolo 6 dell’ordinamento penitenziario e il decreto ministeriale del 5 luglio del 1975 prevedono delle misure minime per le strutture che ospitano il detenuto”, osserva Stomeo.

Misure che, nella fattispecie, il carcere leccese non rispetta. La ASL di Lecce, incaricata dal magistrato di sorveglianza per controllare i requisiti della cella in questione, ha notificato che “la superficie pavimentata della cella è di 10,17 metri quadrati, che vi è sufficiente aeroilluminazione naturale, che all’interno della cella vi è un servizio igienico di 1 metro quadrato con lavabo, vaso e bidet con aerazione forzata al momento dell’accertamento malfunzionante; che la cella presenta chiazze di muffa in prossimità delle finestre, presumibilmente dovute ad infiltrazioni d’acqua, che i letti sono a castello e l’ultimo è a 50 centimetri dal soffitto”.

Ogni cella del carcere di Lecce – nonostante il progetto ne prevedesse un uso individuale – ospita tre persone. Ogni individuo dispone di uno spazio calpestabile pari a circa 3 metri quadrati: se non è una tortura, è qualcosa di molto simile. Nella casa circondariale di Borgo San Nicola, attualmente, ci sono circa 1150 detenuti, ma dovrebbero essere solo 659. In linea con i numeri nazionali: il rapporto Antigone del 2012 parlava di un tasso di affollamento del 142,5%, a fronte del 99,6% della media europea.

E se svuotare le carceri in tempi brevi è pura utopia, quali potrebbero essere le soluzioni possibili? Escludendo la realizzazione di nuove strutture – operazione che contribuirebbe solo a ingrandire il problema – lasciare aperte le porte delle celle durante il giorno, permettendo così ai reclusi di usufruire anche dello spazio dei corridoi interni, rappresenta di fatto un escamotage. Tecnicamente, si chiama “vigilanza dinamica” e alcune sezioni detentive italiane la stanno già sperimentando. Tuttavia, anche questo sistema avrebbe i suoi rischi. Se così fosse, infatti, potrebbe insorgere la polizia penitenziaria, costretta già in molti casi a lavorare con un’organico ridotto e con misure di sicurezza al limite. Insomma, una questione complicata da risolvere; almeno nell’immediato.

L’Europa, d’altra parte, ci chiede trasparenza: dal settembre del 2012 il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa è in attesa dei dati dettagliati sul sovraffollamento dei penitenziari italiani. Lo stesso Comitato che, all’inizio del mese di giugno, ha preso in esame la prima condanna pronunciata nel 2009 contro l’Italia dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per la violazione dei diritti dei detenuti. Strasburgo richiede concretezza: l’Italia ha un anno di tempo per presentare le contromisure al problema del sovraffollamento e, su questo piano, il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di Lecce sembra solo                                                                        un valido motivo in più per decidere e per far presto.




FONTE:  Informare per Resistere, Art. di Andrea Gabellone

Per il Comune di Firenze, meglio archiviare il pestaggio.

venerdì, Giugno 21st, 2013
Era la notte dello scorso 13 giugno quando a Firenze, mentre si vegliava in ricordo del ragazzo somalo morto suicida in via Slataper, nei pressi della stazione di Santa Maria Novella un gruppo di ragazzi senegalesi veniva brutalmente aggredito da una “squadra” di fascisti composta sembra, anche da agenti in borghese della Polizia Municipale.

Quella che ora pubblicherò è la testimonianza rilasciata da un ragazzo (testimone oculare), e voglio precisare NE’ ANONIMO, NE’ MITOMANE che schifato e indignato da quello a cui aveva dovuto assistere ha deciso fermamente di contattare l’associazione/gruppo consiliare “perUnaltracittà” affinché tutti fossero a conoscenza di come realmente siano andate le cose. Ed io sinceramente non stento a crederci.

Questo è quanto dichiarato:



“La sera del 13 giugno, verso le 23.00, alla stazione di Santa Maria Novella, all’altezza della fermata della tramvia via Alamanni sul lato della scalinata, ho visto un gruppo di 10-15 persone che si distingueva perché indossavano tutti guanti neri e si aggiravano nei pressi della fermata con fare a dir poco agitato e aggressivo. Mi sono avvicinato facendo il vago, come fossi un passante indifferente e ascoltando ciò che dicevano mi sono reso conto che stavano aspettando qualcuno.Mi sono quindi fermato per vedere cosa stesse davvero succedendo. Ho così potuto sentire che si scambiavano frasi del tipo: “Stasera è bandaccia”, “dove cazzo sono, non vedo l’ora”, “Sono in ritardo”. Erano sempre più agitati e evidentemente erano sotto l’effetto di cocaina. Dopo circa 10 minuti ho notato un altro particolare: insieme a quelli che indossavano i guanti erano presenti alcuni uomini più anziani con in mano una radiolina. Proprio dalla radiolina ad un certo punto è arrivato il segnale che stavano aspettando. Ho sentito chiaramente quella voce dire: “Dall’altra parte della strada! Stanno arrivando! Attraversate!”.Gli individui più giovani, quelli con i guanti neri e sicuramente più prestanti fisicamente, sono corsi sull’altro lato della strada. Ho praticamente attraversato con loro. Ho visto che nel frattempo stava arrivando la tramvia. Quando si sono aperte le portiere è sceso un gruppo di persone di cui 5 o 6 ragazzi di colore e con tutta probabilità senegalesi. Neanche il tempo di rendermi conto delle loro reali intenzioni che gli si sono scagliati addosso con una ferocia indescrivibile. Nel parapiglia ho visto sicuramente che un senegalese è stato prima schiantato su una vetrina accanto al negozio Tim e poi inseguito insieme agli altri che scappando avevano già raggiunto la parallela.Avevo paura che se li avessero raggiunti nella parallela senza che nessuno fosse presente ad assistere alla scena si sarebbero sentiti liberi di far di peggio. Quindi mi sono mosso e li ho inseguiti anch’io, ma non sono riuscito a stargli dietro… penso che fortunatamente siano riusciti a scappare! Ma tornando indietro ho notato i due uomini più anziani, quelli con la radiolina che si stavano allontanando. Così ho iniziato a seguire loro. Sono riuscito a sentirli parlare al cellulare e uno dei due ripeteva ossessivamente: “Dove siete? Vi serve una macchina? Vi mando una volante?”. Ho capito allora che non si trattava solo di un gruppo di fascisti, ma che questi avevano anche la divisa…Sono riuscito a seguirli fino al “Parcheggio Europa” all’altezza di via Montebello. Ad un certo punto però uno dei due, il tipo che “dirigeva l’operazione”, il solito che aveva distribuito i guanti neri prima dell’aggressione si volta e mi chiede: “chi sei? Perché ci stai seguendo? Dammi i documenti!” Io gli ho detto che non gli stavo seguendo ma che mi ero perso e stavo cercando via Montebello…per quanto riguarda i documenti gli ho invece chiesto perché avrei dovuto mostrarglieli. “Per questo!” mi ha risposto lui tirando fuori il tesserino della Polizia Municipale. Ho visto che non ha annotato il nominativo ma con fare intimidatorio mi ha chiesto: “Abiti ancora qui?”A quel punto mi ha invitato a “levarmi dal cazzo” e, ricevuta anche l’indicazione su dove fosse via Montebello, non ho potuto che andare nella direzione opposta e poi tornare sui mie passi. Sono tornato alla stazione. Preso dalla rabbia e dall’adrenalina sono tornato alla fermata della tramvia. Lì c’era una macchina della “GEST” in mezzo alle rotaie mentre alla fermata dell’autobus poco più avanti c’era un senegalese che mi osservava. Mi sono avvicinato per chiedergli se avesse visto la scena e se sapesse cosa fosse successo. Nonostante fossero tutti in borghese e non vi fosse nessun modo per riconoscerli a colpo d’occhio, lui mi ha detto subito: “Questi sono della Municipale!”. Poi, facendomi il segno della pistola con le mani mi ha detto: “Molti italiani quando vedono noi impazziscono…” Non ho avuto tempo di chiedergli altro perché è arrivato l’autobus, lui mi ha salutato e se n’è andato…”


Ecco, dopo aver letto questo ci chiediamo ad oggi cos’è successo qualcuno a preso provvedimenti? E’ stata avviata un’indagine? Ci si sta muovendo affinché giustizia (quella vera) venga fatta? 
Oggi una nota testata giornalistica fiorentina pubblica “Quella sera era in corso un’operazione anti-abusivismo ma non possiamo dare credito a denunce presentate in Consiglio comunale” a dichiarar quella che sembra tanto la riprova dell’autenticità della testimonianza rilasciata all’associazione “perUnaltracitta”, è niente popò di meno che…(rullo di tamburi)
…il Comune di Firenze! Che per altro avanza la proposta di “archiviazione”, in poche parole: insabbiare l’accaduto!

Antonella De Zardo  ass. “Unaltracittà”

Nel Bel Paese teatro ormai da anni (se non decenni), di palesi ingiustizie, insabbiamenti, violenze fasciste, omicidi impuniti da parte di “forze dell’ordine” ecc…siamo ormai abituati a reagire a tutto questo, ed è proprio per questo che Firenze Antifascista ha indetto una manifestazione che si svolgerà il 1° Luglio partendo da S.Lorenzo per arrivare a Piazza della Mercanzia.  
Con l’auspicio che nel frattempo qualcosa, ma soprattutto qualcuno, si muova per far si che i colpevoli di questo agguato fascista non rimangano impuniti. 
Non è insabbiando che si fa GIUSTIZIA!


FONTE: per la testimonianza, Antonella De Zardo e tutta l’associazione “Per Unaltracittà”

Aldrovandi: i due in carcere in permesso premio

martedì, Giugno 18th, 2013
I 4 ASSASSINI di Federico

Paolo Forlani e Luca Pollastri, i due agenti di polizia condannati per la morte del giovane Federico Aldrovandi, sono fuori per 4 giorni. 

di Cinzia Gubbini

Hanno chiesto un permesso per visitare la famiglia e gli è stato concesso: i due agenti di polizia Luca Pollastri e Paolo Forlani condannati per la morte del giovane ferrarese Federico Aldrovandi sono usciti stamattina dal carcere di Ferrara. Ne dà notizia il sito Estense.com. Forlani e Pollastri sono gli unici due poliziotti che stanno scontando dietro le sbarre il residuo di pena di sei mesi, dopo la condanna a 3 anni e sei mesi per omicidio colposo. Tre anni, infatti, sono stati indultati.




Gli altri due agenti, Monica Segatto e Enzo Pontani, invece, hanno ottenuto praticamente subito gli arresti domiciliari, la prima dal Tribunale di Sorveglianza di Padova e il secondo da quello di Milano.

Forlani e Pollastri sono entrati in carcere a fine gennaio, usciranno a fine luglio. La domanda è: ma che tipo di permesso è stato concesso ai due? Secondo quanto dichiarato dall’avvocato Gabriele Bordoni a Estense.com si è trattato di un permesso “per motivi famigliari”. Ma come si sa non è che esistono dei permessi per andare a trovare moglie e figli o genitori se sei in carcere. Il permesso per motivi famigliari esiste ma deve essere concesso in caso di eccezionalità, si chiama “permesso di necessità” e viene concesso in casi particolarmente gravi (ad esempio morte o pericolo di morte di un congiunto).

Poi ci sono i permessi premio. Sentendo quanto dichiarato da Bordoni che parla di “45 giorni di permesso che spettano a ciascun detenuto nel corso di un anno”, sembra proprio che si stia parlando di questa tipologia. Sono quelli concessi dal Tribunale di Sorveglianza ai detenuti non ritenuti socialmente pericolosi o che hanno tenuto una “condotta regolare”. Teoricamente, Pollastri e Forlani potrebbero avere 22 giorni di permesso ciascuno. Probabile che proveranno a chiederne degli altri. Anzi l’avvocato Bordoni, ha assicurato a Estense. com che lo faranno, in modo da “alleviare l’ingiusto trattamento”. Come è noto, contro i sei mesi in carcere dei due poliziotti è stato scatenato un enorme can can, comprensivo di manifestazione a Ferrara (sotto gli uffici in cui lavora la mamma di Federico) e a Roma del sindacato Coisp. E Bordoni ha anche pensato fosse opportuno presentare un ricorso alla Commissione europea dei diritti dell’uomo.




FONTE: Popoff

Omicidio Aldrovandi: indagati Giovanardi e il segretario del Coisp

martedì, Giugno 18th, 2013
Federico Aldrovandi

Insieme ad un ex parlamentare del Pdl passato a Fratelli d’Italia, la procura di Ferrara ha iscritto nel registro degli indagati l’ex ministro Carlo Giovanardi e il segretario del sindacato di polizia Coisp. Affermarono che la foto del corpo di Federico Aldrovandi era artefatta e per questo sono stati querelati dalla madre della vittima.

Da censore e persecutore della famiglia Aldrovandi ad indagato. La procura di Ferrara infatti iscritto nel registro degli indagati l’ex ministro ed esponente del centrodestra Carlo Giovanardi per le dichiarazioni da lui fatte sulla foto che ritrae il corpo senza vita Federico Aldrovandi, realizzate in obitorio poco dopo la morte del ragazzo durante un controllo di polizia presto diventato un mortale pestaggio.


Una foto che mostra esplicitamente la violenza che si era accanita sul corpo del ragazzo, con la testa appoggiata su un’enorme macchia di sangue. Insieme al senatore del Pdl, da sempre attivo nell’infamare la famiglia Aldrovandi e quelle di altre vittime di “malapolizia” (esemplari gli interventi di Giovanardi sulla vicenda Cucchi) la procura di Ferrara ha aperto una inchiesta anche sull’ex parlamentare ferrarese del Pdl, da poco passato alla scissione di destra Fratelli d’Italia,Alberto Balbonie infine Franco Maccari, il segretario nazionale del sindacato di polizia di estrema destra Coisp, da sempre in prima fila nella difesa dei quattro poliziotti condannati per l’omicidio del giovanissimo Federico.

Tutti e tre gli indagati erano stati denunciati per diffamazione da Patrizia Moretti, dopo le ennesime dichiarazioni rese alla stampa dai tre, che parteciparono al sit in – provocazione organizzato dal Coisp in piazza Savonarola, proprio sotto gli uffici dove lavora la madre della vittima degli uomini – senza dimenticare Monica Segatto – in divisa. La Moretti, indignata dalla manifestazione che si svolgeva sotto la sua finestre, scese in piazza mostrando una gigantografia della foto scattata al figlio senza vita. Nelle polemiche feroci che ne seguirono alcuni esponenti politici affermarono che la foto in questione era stata contraffatta. Pochi giorni dopo una grande manifestazione di solidarietà con la famiglia Aldrovandi riempì la piazza di Ferrara che era stata infangata dall’iniziativa del sindacatino di destra della PS.

“Hanno detto bugie– commenta Patrizia Moretti – e continuano a spacciarle come verità quando invece i tribunali hanno detto cose diverse. Non tollero che si infanghi ancora la memoria di Federico”.
Balboni e Maccari, i primi a essere querelati, sono chiamati in causa per quanto detto lo scorso 27 marzo all’interno delle mura di Palazzo Roverella, a Ferrara, dove si teneva il congresso regionale del sindacato di polizia. Maccari, appena reso celebre dal video che fece il giro d’Italia, attaccò la “stampa vigliacca e penosa  che ha pubblicato cose ignobili, compreso il non voler prendere atto che la foto di stamattina non è stata ammessa in tribunale perché non veritiera”. Balboni, invitato al dibattito organizzato dalCoisp prima del suo congresso, affermò anche lui che “La foto non corrisponde alla verità, è stata usata dalManifestoper una campagna di disinformazione ma è una falsificazione della realtà”. Doppia calunnia, visto che la foto è purtroppo vera e che fu pubblicata dal quotidiano Liberazione, uno dei primi a occuparsi della vicenda.

A Giovanardi – per il quale è stata formalizzata una querela a parte – viene contestata invece una dichiarazione realizzata durante la trasmissione in onda su Radio 24, La Zanzara: “Quella macchia rossa dietro è un cuscino. Gli avevano appoggiato la testa su un cuscino. Non è sangue, ma neanche la madre ha detto che è sangue e neanche lo può dire, perché non è così”.

E invece, scrive la Moretti a supporto della querela, “si tratta della foto del volto di Federico, ancora vestito degli abiti che indossava al momento della morte, sul lettino dell’obitorio, scattata dai consulenti del pubblico ministero in sede di autopsia” e “utilizzata al momento del processo come facente parte del compendio fotografico dei medici legali”. “Vengo accusata – continua la madre di Federico – di aver esibito una foto falsa, modificata, che ritrarrebbe le condizioni di mio figlio al momento della sua morte. La considero un’accusa atroce”.

Patrizia Moretti in piazza a Ferrara

A creare sofferenza alla famiglia di Federico Aldrovandi e a chi si batte affinché chi l’ha ucciso venga punito la notizia, trapelata nei giorni scorsi, che due degli agenti condannati per il suo omicidio – Pollastri e Paolo Forlani – hanno chiesto e ottenuto un permesso per una visita famigliare, potendo così uscire dal carcere per quattro giorni.  Un innegabile trattamento di favore, che si aggiunge alla lievità delle pene alle quali sono stati condannati – 3 anni e 6 mesi – di cui dovranno ‘scontare’ in totale solo 6 mesi visto che tre anni sono stati indultati. Agli altri due condannati invece –  Monica Segatto e Enzo Pontani – è andata anche meglio, visto che hanno ottenuto subito gli arresti domiciliari, la prima dal Tribunale di Sorveglianza di Padova e il secondo da quello di Milano.
E pensare che il sindacato Coisp continua a gridare allo scandalo per la condanna dei 4 agenti, affermando che la giustizia e i tribunali nel loro caso, si sarebbero accaniti… 



FONTE: Contropiano.org

Un’ ondata di MERDE NaziFa in arrivo da tutta Europa. Questa sera a Milano.

sabato, Giugno 15th, 2013
locandina evento

FERMIAMOLI SUBITO!!!

E’ inaccettabile!!!
Questa sera a Milano si terrà un “raduno nostalgia” con band neonazi da America, Inghilterra, Germania e ovviamente Italia, e sembra che partecipi anche una sezione del KKK operante in Europa. 
La finalità dello stesso è di raccogliere fondi per le spese processuali riguardanti i fatti del ’93 e l’operazione RUNA riguardanti le MERDE di “azione skinhead”. 
L’evento dovrebbe cominciare dalle 18°° di questa sera, ma ovviamente il luogo esatto verrà comunicato ai partecipanti tramite sms solamente all’ultimo.








Ricordo anche ai vari personaggi politici e istituzioni del caso che in Italia è reato:

“la legge n. 645/1952 sanziona chiunque faccia per la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure da chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”.

« quando un’associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista. »

…ma ovviamente in Italia con le leggi ci spazziamo il culo.
Mi chiedo comunque PERCHE’ vengono concessi spazi, luoghi e libertà a chi di libertà non dovrebbe averne?
Quello che accadrà questa sera a Milano è un insulto a tutti noi che combattiamo ogni santo giorno per far si che non ci siano discriminazioni razziali e minoranze di alcun tipo nel nostro paese e nel mondo, ed a tutti quelli che oggi come ieri hanno combattuto anche con la vita la piaga nazifascista.

Spero dunque che chi di dovere si occupi ORA di questo schifo, e faccia si che tutto questo non abbia luogo ne’ ora ne’ mai. 
Ricordo alle MERDE che in ogni caso e comunque vada hai nostri posti ci troverete!!! SEMPRE in prima linea.


ORA E SEMPRE RESISTENZA!   ANTIFASCISMO MILITANTE