Caso Casalnuovo, assolto il maresciallo

Luglio 5th, 2013 by Matteo infoLab0.1

Assolto, anche se non con formula piena ma per insufficienza di prove. Il che fa dire ai famigliari di Massimo Casalnuovo, morto a 22 anni “andremo avanti”. Oggi era il giorno della udienza per la morte del giovane di Buonabitacolo, deceduto dopo essere caduto dal motorino. Il pm Michele Sessa aveva individuato nel vicecomandante dei carabinieri Michele Cunsolo il colpevole di quella assurda morte. Tanto da arrivare a chiedere il massimo della pena per omicidio preterintenzionale e danneggiamenti.

Un’attesa, quella della famiglia di Massimo, che è durata quasi due anni: quella maledetta sera del 20 agosto Massimo stava tornando a casa dopo aver fatto un giretto su un motorino appena riparato, lui che lavorava nell’officina meccanica del padre. Svoltò a una curva poco distante da casa, e proprio lì dietro si era “appostati” i carabinieri che avevano deciso di multare tutti quelli senza casco. Nessun segnale che informasse automobilisti e motociclisti che c’era un blocco. Secondo la versione dei carabinieri Massimo 


tentò di evitare il blocco, per questo scivolò e morì. Secondo la versione di alcuni testimoni, invece, Massimo aveva preso la curva alla larga solo perché non si era accorto che c’era un blocco, e il vicecomandante, che voleva fermarlo a tutti i costi, diede un calcio al motorino provocando la rovinosa caduta del ragazzo.

Una versione che ha convinto il pm, che aveva raccolto anche prove di fatto, come l’impronta del calcio sul motorino. Indagini lunghe, lunghissime, più di un anno e mezzo. E oggi, in un’altra giornata di estate, la famiglia di Massimo – che non è mai stata chiamata in Procura – attendeva l’inizio di un processo, in cui speravano di poter ascoltare i testimoni, veder ricostruita la vicenda davanti agli occhi imparziali di un giudice.

Ma è stata una attesa vana: come era prevedibile il difensore di Giovanni Cunsolo, Renivaldo Lagreca, ha consigliato al maresciallo il rito abbreviato, quello che si svolge solo sulla lettura degli atti. E gli atti ci sono ma – ad esempio – le testimonianze sono riportate in forma riassuntiva. Non è la stessa cosa sentire i testimoni, e poter loro fare delle domande. 




La Camera di Consiglio è durata quattro ore. Poi la sentenza del giudice Enrichetta Ciuffoli: assolto per insufficienza di prove. “Aspettiamo di leggere le motivazioni, la formula è dubitativa, bisogna ragionare. Nel nostro ordinamento vale il brocardo in dubio pro reo: in mancanza di prove sicure, la sentenza è favorevole all’imputato”, spiega l’avvocato di parte civile Cristiano Sandri.

La strada del rito abbreviato era sicuramente la meno impervia per l’imputato in un caso come questo. Un caso che ha molti risvolti oscuri e poco chiari, come il fatto che in ospedale arrivò prima il maresciallo per farsi curare una ferita che il povero Massimo in fin di vita. In paese e sui social network è molto attivo il Comitato “Verità e Giustizia per Massimo”, che non ha mai smesso di denunciare sospette collusioni di potere. Come quando qualche giorno fa su un sito di informazione locale venne pubblicato un incredibile panegirico del maresciallo Cunsolo, a solo pochi giorni dall’avvio del processo.


di Cinzia Gubbini 

da Popoff Globalyst Syndicate.

Massimo Casalnuovo, oggi 05/07/2013 udienza preliminare

Luglio 5th, 2013 by Matteo infoLab0.1
È fissata per oggi, 5 luglio, alle ore 9.30, l’udienza preliminare presso il Tribunale di Sala Consilina per decidere sul rinvio a giudizio per il maresciallo dei carabinieri coinvolto nella morte di Massimo Casalnuovo.
Buonabitacolo (SA), 20 agosto 2011. Massimo Casalnuovo, un ragazzo di 22 anni, era a bordo del suo motorino, quando, all’uscita di una curva, si trovò davanti una pattuglia di carabinieri, che stava effettuando un controllo su un altro ciclomotore. Riferì uno dei testimoni:


 
 “Il maresciallo dei carabinieri è balzato fuori dall’auto dove stava redigendo il verbale e ha cercato di fermare il motorino. Il conducente lo ha evitato, il militare ha sferrato un calcio sul lato sinistro del mezzo, un Beta 50. Il ciclomotore ha percorso ancora alcuni metri sbandando, poi è sbattuto contro un muretto a secco di un ponte che sovrasta il fiume Peglio. Il ragazzo che lo guidava è stato sbalzato a terra, aveva sangue sulla fronte e non appariva cosciente”. Massimo moriva dopo pochi minuti all’ospedale di Polla. I Carabinieri, invece, sostengono che il ragazzo abbia accelerato per evitare il posto di blocco e abbia perso il controllo del mezzo. Il giovane avrebbe addirittura tentato d’investire uno dei due militari, che sempre secondo i Carabinieri, avrebbe riportato delle lesioni

Giustizia e Verità per Massimo.


FONTE: A.C.A.D. Associazione Contro gli Abusi in Divisa – ONLUS

12,2% DISOCCUPAZIONE in Italia RECORD DAL 1977

Luglio 3rd, 2013 by Matteo infoLab0.1
Non ci possono essere dubbi per individuare la priorità  PANE e LAVORO
 

Disoccupazione italiana mai così alta da quando esistono le rilevazioni Istat: a maggio 2013 secondo i dati provvisori e destagionalizzati dell’istituto di statistica, ha toccato quota 12,2 per cento.  E’ il nuovo massimo storico, il livello più alto toccato sia dalle serie mensili (gennaio 2004) che da quelle trimestrali, avviate nel primo trimestre 1977, cioè 36 anni fa.
In dettaglio, il numero di disoccupati a maggio risultava pari a 3 milioni 140mila persone, in aumento di 56mila unità su aprile e di 480mila su base annua. La crescita interessa sia gli uomini che le donne. Cala tuttavia la disoccupazione giovanile (15-24 anni): a maggio si è attestata al 38,5%, in calo di 1,3 punti percentuali su aprile, ma in rialzo di 2,9 punti su base annua. Risultano in cerca di lavoro 647mila ragazzi.


Il tasso di disoccupazione è così in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto ad aprile e di 1,8 punti nei dodici mesi. Nel dettaglio il tasso di disoccupazione maschile, pari all’11,5%, raggiunge il valore più alto dall’inizio delle serie storiche, anche di quelle trimestrali (1977). In aumento risulta anche il tasso di disoccupazione femminile, che tocca quota 13,2 per cento. Guardando al numero di disoccupati (3 milioni 140mila persone) l’Istat registra un rialzo dell’1,8% rispetto ad aprile e del 18,1% su base annua.………
Se l’Italia piange, l’Europa certo non ride. Secondo i dati Eurostat, nella zona euro a maggio la disoccupazione è salita ancora passando dal 12% al 12,1%, un punto base in meno della  Penisola, quindi. Per l’istituto di statistica del vecchio continente, si tratta di “un incremento marcato” rispetto al 2012, quando la media era dell’11,3% (e in Italia del 10,4%). Numeri alla mano, Eurostat stima che sono 26,405 milioni gli uomini e le donne senza lavoro nella Ue, di cui 19,222 milioni solo nella zona euro.Il più alto tasso di senza lavoro è in Spagna (26,9%), Grecia (26,8%), Portogallo (17,6%) e Cipro (16,3%). Il più basso in Austria (4,7%), Germania (5,3%) e Lussemburgo (5,7%). Rispetto a un anno fa, i cali più profondi sono stati registrati in Lettonia (da 15,5% a 12,4%), Estonia (da 10,0% a 8,3%) e Lituania (da 13,3% a 11,7%). La disoccupazione giovanile è scesa anche nella zona euro: da 23,9% di aprile a 23,8% di maggio. Ad aprile 2012 era del 23 per cento.



FONTE

Bologna, tagli alla cultura. La Pinacoteca Nazionale rischia la chiusura

Luglio 2nd, 2013 by Matteo infoLab0.1

La galleria d’arte che ospita le opere di Guido Reni, Annibale Carracci, il Guercino e tanti altri artisti, rischia di chiudere i battenti. Dopo il ridimensionamento degli orari di apertura al pubblico, i sindacati lanciano l’allarme: “Manca un programma serio alla base e almeno 15 persone in organico”Guido Reni, i Carracci e il Guercino potrebbero non avere più una casa. La Pinacoteca Nazionale di Bologna di via Belle Arti, con più di 300 anni di storia alle spalle, rischia di chiudere i battenti.

La situazione al limite del collasso è stata annunciata in un comunicato congiunto dalle tre sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil: “I soldi per la semplice gestione degli edifici tendono allo zero e manca personale qualificato: lanciamo un grido d’allarme per scongiurare la chiusura di siti culturali dal valore inestimabile a partire dalla nostra Pinacoteca”



Tagli e carenza di personale non funestano soltanto siti archeologici come Pompei o il Colosseo, luoghi d’arte riconosciuti in tutto il mondo. La crisi del settore “cultura” piomba anche a Bologna nell’ambito artistico-museale e non sembra essere un temporale estivo, ma un vero e proprio tsunami.
“Per il 2013, per i nostri istituti di Bologna, Ferrara e Faenza, riceviamo dal Ministero dei Beni Culturali 60000 euro a fronte di un fabbisogno di 600000”, spiega il sopraintendente al Patrimonio storico e artistico Luigi Ficacci, “con questa cifra dobbiamo coprire i costi di gestione ordinaria eccetto lo stipendio base del personale. Una situazione gravissima da anni che non si riesce più a gestire”.

Sono 25 mila i visitatori che ogni anno ammirano le bellezze della pittura emiliana tra il XIII e il XVIII secolo, oltre a diversi dipinti di Giotto e Raffaello. Un patrimonio che rischia di sparire alla vista del pubblico in pochi istanti e che deve già fare i conti con il primo segnale che ha messo l’intero settore dei Beni Culturali dell’Emilia Romagna in allarme: la chiusura della sezione distaccata della Pinacoteca, a Palazzo Pepoli Campogrande in via Castiglione 7 che rimarrà chiusa per tutta la stagione estiva, “cioè proprio nel periodo di massima affluenza di visitatori”, come puntualizza Maurizio Serra della Fp-Cgil Se le cose non cambieranno, il secondo provvedimento paventato potrebbe essere una riduzione ancora maggiore degli orari della Pinacoteca, dopo il drastico ridimensionamento già in atto da poche settimane. Tanto che l’apertura al pubblico del palazzo di via Belle Arti è diminuita in termini di ore, con il personale concentrato solo la mattina o solo il pomeriggio per permettere almeno la fruizione di tutte le sale da parte dei visitatori. “E’ assente una programmazione seria alla base”, continuano i sindacati, “e mancano almeno 15 persone in organico”.Unico dato positivo è l’interessamento del neoministro della Cultura, Massimo Bray, che “si è impegnato a fare il possibile al tavolo del governo”.


FONTE

Quello che dovresti sapere sulla vivisezione

Luglio 1st, 2013 by Matteo infoLab0.1
Quello che dovresti sapere sulla vivisezione

Intervista di Marcello Pamio 
a Stefano Cagno

Siamo stati – dicono – sulla Luna, abbiamo inviato sonde su alcuni pianeti del sistema solare e la tecnologia sta facendo letteralmente sognare l’uomo. Nonostante questi indubitabili passi da gigante, c’è una parte della scienza che è rimasta ferma al Medioevo e forse ancor prima: la ricerca in ambito medico.
Nell’epoca dei computer tascabili, ogni anno vengono uccisi milioni di animali per sperimentare farmaci, vaccini e nello sviluppo di apparecchiature! Centinaia di milioni di esseri viventi, tra cui topi, ratti, e cavie, ma anche conigli, cavalli, pecore, uccelli, cani, gatti e primati, vengono per così dire, immolati ogni anno, sull’altare della cosiddetta scienza, il tutto ovviamente per il nostro benessere, almeno questo è quello che ci dicono. Ma è proprio così?



Forse no, visto che, nonostante i 58.000 farmaci, gentilmente messi a disposizione dall’industria farmaceutica, per le 40.000 malattie diverse, continuiamo a morire per patologie cardiovascolari, tumorali e cronico-degenerative.
Per capirne di più, siamo andati ad intervistare il dottor Stefano Cagno, alla presentazione del suo ultimo libro Tutto quello che dovresti sapere sulla vivisezione, organizzata a Padova dalla Lav (Lega anti-vivisezione), con la presenza della d.ssa Maria Concetta Digiacomo.
Cagno è un medico chirurgo specializzato in psichiatria e lavora a Milano come dirigente ospedaliero.
Dottor Cagno, perché un libro simile? Com’è nata l’idea…L’idea non è stata mia ma di Viviana Ribezzo, l’editrice delle Edizioni Cosmopolis. Un giorno mi propose di scrivere un libro semplice sull’argomento, ma all’inizio, per via dei troppi impegni, declinai. Poi col passare del tempo, mi sembrò una buona idea e alla fine accettai.
La sperimentazione animale – basata su preconcetti – è nata in tempi lontanissimi, dove la maggior parte delle persone non sapevano neanche leggere, ed è sopravvissuta grazie all’ignoranza, cioè alla non conoscenza delle persone. Perché non offrire a tutti uno strumento snello per cominciare ad informarsi correttamente sulla vivisezione?
Quanto è importante la conoscenza del fenomeno?

Se le persone sapessero realmente cosa accade nei laboratori di sperimentazione; se sapessero solo alcune cose, probabilmente sarebbero tutti contrari a tale abominio, e non mi riferiscono solo gli animalisti, ma a tutti quanti, anche a coloro che detestano gli animali.
Se queste persone venissero a sapere che il 92% delle sostanze chimiche che superano brillantemente la sperimentazione sugli animali NON superano poi la sperimentazione umana (obbligatoria per legge), come si comporterebbero?
Questi sono dati FDA (Food and Drug Administration).
Nel 92% dei casi, le sostanze chimiche che risultano ‘sicure’ per gli animali, non diventeranno MAI un farmaco, e questo perché nell’uomo risultano essere tossiche o non funzionano, o entrambe le cose.
Rimane un banale 8%. Ma il 51% di questo 8%, cioè oltre la metà delle sostanze che superano la sperimentazione animale e anche quella umana, secondo l’Associazione dei medici americani, presentano gravi reazione avverse.
In pratica il 51% dei farmaci che vengono commercializzati inducono pericolosi problemi sanitari. Tradotto in numeri: 100.000 statunitensi muoiono ogni anno per quei farmaci che risultano essere sicuri negli animali! Questo le persone devono sapere.
Perché parla di preconcetti? 

La vivisezione sopravvive oggi grazie ai preconcetti che i mass-media hanno trasmesso nei decenni e nei secoli passati alle persone.
Uno di questi preconcetti è che grazie al “sacrificio” degli animali, si può procedere a scoperte scientifiche che potranno fare il bene della nostra specie. Quindi è giusto e doveroso sacrificare gli animali per il bene dell’uomo!
Questo è un vero e proprio preconcetto: non solo non c’è alcuna dimostrazione scientifica di questa affermazione, ma esistono sempre più studi che affermano il contrario, ossia che dal sacrificio degli animali si ottiene un danno agli animali stessi, e poi un danno all’uomo.
E’ più corretto parlare di vivisezione o sperimentazione animale?

Sperimentazione animale e vivisezione sono due sinonimi.Paradossalmente molte persone che sperimentano su animali dicono di essere contrari alla vivisezione perché loro “sperimentano su animali”, “non sezionano gli animali da vivi”, quindi questo non li farebbe soffrire.
Ma la sofferenza di un animale non la si provoca solo sezionandolo dal vivo: ci sono mille modi diversi per farlo soffrire. Stare in una gabbia, spesso minuscola, senza relazioni sociali con la stessa specie, con la luce sempre accesa, e già questa una forma di sofferenza.
Altra cosa che dicono i ricercatori è che durante gli esperimenti “gli animali non soffrono perché vengono applicate tutte le precauzioni”…
Questo è molto interessante, perché gli stessi dati ufficiali britannici smentiscono tali affermazioni: nel 70% dei casi non viene dato né anestesia, né analgesia e nella maggioranza del rimanente 30% viene dato solo un antidolorifico.
Dopo quello che ha appena detto, come fanno i vivisettori a studiare sugli animali un farmaco contro il dolore senza farli soffrire? 

Per studiare i farmaci antidolorifici, si deve studiare il dolore, e come si fa a studiare il dolore senza indurlo nell’animale?
E’ così ovvio che è perfino banale: se non fanno soffrire un animale, non riescono a valutare se il farmaco funziona oppure no! Per esempio, per studiare le fratture, vengono spezzate le zambe agli animali. Come si fa a dire che non soffrono?
Io faccio lo psichiatria e detto tra noi, psichiatri, psicologi e fisiologi sono le categorie peggiori, quelli che fanno gli esperimenti più perversi.
Uno degli esperimenti classici in psichiatria e psicologia consiste nel prendere un animale, di solito un gatto, e impiantargli elettrodi nella testa e successivamente fargli passare la corrente elettrica.
Possiamo ancora negare che quell’animale soffra?
I vivisettori per studiare gli antidolorifici inducono il dolore negli animali, ma cosa fanno per studiare gli psicofarmaci? Come possono estrapolare dati utili per l’uomo, studiando un farmaco per il disturbo bipolare, schizofrenia o depressione su dei poveri animali? 

Gli scienziati odierni hanno la presunzione di estrapolare i dati dagli animali agli esseri umani, o da una specie ad un’altra. Questo è, per usare le parole del grande Pietro Croce, un ‘errore metodologico’.
Io in ambito psichiatrico parlo di doppio errore metodologico, perché non solo non si ha lo stesso substrato biologico, ma con gli animali non condividiamo neppure la stessa modalità di comunicazione. 

Non siamo in grado di comprendere il linguaggio degli animali, quindi non possiamo capire esattamente cosa vogliono comunicarci quando miagolano, ragliano, ecc.
Come fanno a studiare le patologie psichiatriche negli animali che non parlano?
Vi spiego un trucco da vero prestigiatore che finora ha funzionato bene…
Vengono date agli animali delle sostanze chimiche, per esempio allucinogeni, che fanno cambiare il loro comportamento, e poi si presume che tale cambiamento del comportamento sia indice di una malattia mentale paragonabile a quella umana.
Da sempre ci continuano a dire che i vivisettori utilizzano gli animali perché sono differenti da noi, perché non hanno lo stesso sviluppo cognitivo, ecc.
Ma quando studiano per esempio la depressione, schizofrenia, l’ansia negli animali non gli riconoscono un mondo emotivo? Se questi animali non hanno un mondo emotivo, non vivono emozioni e non soffrono, allora il discorso decade da solo. Viceversa, se ce l’hanno, allora bisogna anche porsi il problema della sofferenza.
Ma non finisce qua, perché la cosa veramente incredibile è che tutti gli psichiatri del mondo per fare una diagnosi usano il DSM, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.
In tale manuale c’è scritto che per ogni diagnosi devono essere soddisfatti certi criteri. Alla fine sono riportati i cosiddetti “criteri di esclusione”. Questi criteri escludono la diagnosi quando vengono soddisfatti. Sapete qual è il criterio di esclusione uguale per tutte le patologie psichiatriche? 

“Bisogna escludere l’assunzione di sostanze psicoattive o malattie internistiche che possono essere responsabili di quei sintomi”.
E’ chiaro? In pratica, i criteri stessi attraverso i quali si creano degli animali psicotici, depressi o ansiosi, in realtà per i clinici, sono esattamente i criteri per escludere quelle stesse malattie!
In parole povere se un essere umano è allucinato perché ha assunto un allucinogeno dico che è drogato e non schizofrenico, se invece ad un animale somministro un allucinogeno dico che è schizofrenico.
Che tipo di rapporto, vicinanza o relazione c’è tra un modello che viene creato utilizzando dei criteri che sono escludenti la stessa condizione nell’uomo?
Questa, visto l’argomento, è follia pura o totale irrazionalità.
Per i farmaci tradizionali c’è la sperimentazione su animali e poi sull’uomo: vale la stessa cosa per gli psicofarmaci?

L’iter della sperimentazione degli psicofarmaci è identica a quella per i farmaci.
Se una casa farmaceutica vuole mettere sul mercato un nuova sostanza chimica, prima la sperimenta negli animali, dopo su persone che hanno un disturbo specifico e su volontari sani, che accettano di diventare “cavie umane” per denaro…
Alla fine la sperimentazione a chi serve?

La sperimentazione su animali serve soprattutto alle industrie farmaceutiche, perché possono cambiare specie animale e cambiando specie, ottengono tutto e il contrario di tutto, quindi selezionando la specie giusta possono sempre ottenere ciò che vogliono.
Possono dimostrare che la diossina è tossica, come nell’uomo, oppure totalmente innocua. Per il porcellino d’india per esempio la diossina è letale come per l’uomo, mentre per il criceto è innocua. Quale animale le case farmaceutiche utilizzeranno per studiare la diossina: il criceto o il porcellino?
Razionalmente e fisiologicamente siamo più vicino ad un porcellino d’India o a un criceto? Quando si hanno dati decisamente opposti, come si fa a stabilire qual é il modello per l’uomo? Si sperimenta sull’uomo che diventa così la vera “cavia” sulla quale otteniamo le informazioni corrette!
Dire NO alla sperimentazione animale ha quindi un valore etico e morale nei confronti del mondo animale, da una parte, e dall’altra salutare per l’essere umano. Ma quali sono le alternative alla vivisezione?

Gli strumenti sono moltissimi, la farmaco-genomica è una.
La farmaco-genomica è quella branca della scienza che associa l’assetto genetico di una persona ad una possibile risposta ad una determinata sostanza.
Se ho un gene di un tipo piuttosto che un altro, con questa tecnica posso capire se potrò avere un vantaggio o uno svantaggio da quella sostanza specifica. Attraverso la farmaco-genomica potrei stabilire a priori chi è allergico o no alla penicillina tanto per fare un banale esempio.
 

Fonte:pubblicato da Effervescienza inserto della rivista “Biolcalenda
http://www.disinformazione.it/vivisezione_cagno.html

JP Morgan all’Eurozona: “Sbarazzatevi delle costituzioni Antifasciste”

Luglio 1st, 2013 by Matteo infoLab0.1
Il team di analisti lo dice senza grandi giri di parole: “Dovete liberarvi delle leggi sinistroidi e antifasciste”. L’austerità farà parte del panorama europeo “per un periodo molto prolungato”.
Per JP Morgan “l’eccesso di democrazia” nell’Eurozona va assolutamente ridimensionato.


NEW YORK (WSI) – Gli economisti del gigante finanziario americano JP Morgan lo dicono senza troppi fronzoli ai governi europei: “Dovete liberarvi delle vostre costituzioni sinistroidi e antifasciste”.Lo si legge in un documento* di 16 pagine in cui vengono elencate le modifiche da apportare nell’area euro per riuscire a sopravvivere alla crisi del debito.



Oltre alla parte sul buon lavoro fatto sin qui, la sezione più interessante riguarda il lavoro che resta ancora da fare in termini di deleveraging delle banche e di alleggerimento del debito sovrano e delle famiglie.

Le riforme strutturali più urgenti, oltre a quelle politiche, sono secondo la banca quelle in termini di riduzione dei costi del lavoro, di aumento della flessibilità e della libertà di licenziare, di privatizzazione, di deregolamentazione, di liberalizzazione dei settori industriali “protetti” dallo stato.

Gli autori della ricerca osservano che nel cammino che porta al completamento degli accorgimenti da apportare alla propria struttura politico economica, l’area euro si trova a metà strada.

Ciò significa che l’austerità farà con ogni probabilità ancora parte del panorama europeo “per un periodo molto prolungato”.

L’analisi dei banchieri risale ormai a più di due settimane fa. Stupisce vedere che non abbia ricevuto un’attenzione maggiore. Gli unici ad avere scritto qualcosa sono i giornalisti del Financial Times, che però non fanno il benché minimo cenno alla parte più eclatante, quella sulla costituzione.

Probabilmente l’idea che le grandi banche – in parte colpevoli per la crisi scoppiata in Usa ormai sei anni fa – anticipino altri anni di austerità e rigore non sarebbe stata accolta con grande favore dall’opinione pubblica e dai governi.

Nessuno si illude che l’austerity scompaia da un giorno all’altro e nemmeno spera che lo faccia a breve. Tuttavia, ai paesi che hanno fatto ricorso al programma di aiuti internazionali della Troika (FMI, Bce e Commissione Ue) sono state fatte concessioni. Come premio delle modifiche strutturali apportate, è stato offerto in cambio un alleggerimento degli impegni presi in materia di riduzione del debito.

E’ un peccato che l’analisi di JP Morgan non abbia ricevuto l’attenzione che meritava. Si tratta infatti del primo documento pubblico in cui dei banchieri ammettono francamente come la pensano su certi temi.

Il problema non è solo una questione di reticenza fiscale e di incremento della competività commerciale, stando alla loro spiegazione, bensì anche di “eccesso di democrazia” che va assolutamente ridimensionato. L’elite finanziaria internazionale lascia intendere che se i paesi del Sud d’Europa vogliono rimanere aggrappati alla moneta unica devono rassegnarsi a rinunciare alla Costituzione.

DI SEGUITO UNA PARTE DEL DOCUMENTO ORIGINALE:

Quando la crisi è iniziata era diffusa l’idea che questi limiti intrinseci avessero natura prettamente economica: debito pubblico troppo alto, problemi legati ai mutui e alle banche, tassi di cambio reali non convergenti, e varie rigidità strutturali. Ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei paesi del sud, e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea. Quando i politici tedeschi parlano di processi di riforma decennali, probabilmente hanno in mente sia riforme di tipo economico sia di tipo politico.

I sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo.

I sistemi politici e costituzionali del sud presentano tipicamente le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se vengono proposte sgradite modifiche dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia).



FONTE: Wall Street Italia

LUNEDÌ 1 LUGLIO ORE 17.30 PIAZZA SAN LORENZO. MANIFESTAZIONE CONTRO GLI ABUSI IN DIVISA!

Luglio 1st, 2013 by Matteo infoLab0.1
LUNEDÌ 1 LUGLIO ORE 17.30 PIAZZA SAN LORENZO. MANIFESTAZIONE CONTRO GLI ABUSI IN DIVISA! 
 A qualche giorno dalla denuncia dell’aggressione alla Stazione, fatta da Ornella De Zordo in Consiglio Comunale, i fatti sono ancora più chiari. Per ammissione stessa del Comune la sera di giovedì 13 giugno era in corso un’operazione antiabusivismo del Nucleo antidegrado di Polizia Municipale di Firenze. Come questa operazione si sia compiuta è ormai tristemente noto. Così come appare sempre più chiaro che, da varie testimonianze ed avvenimenti accaduti, questa è la modalità “normale” di un nucleo speciale all’interno dei vigili, che gode di una sua impunità e che risponde direttamente al comandante Manzione ed al Sindaco Renzi. 


 
 La responsabilità politica di quanto accaduto ricade su chi, in nome della lotta al degrado, nella città di Firenze, la città che ha vietato anche i lavavetri, ha permesso e continua a permettere che possano agire “corpi speciali” dedicati quasi esclusivamente alla caccia all’immigrato, le cui pratiche sono inevitabilmente violente e repressive. Il deputato Pd e capogruppo in Consiglio Comunale Bonifazi (ma i doppi incarichi?), dice che i toni usati da Firenze Antifascista non fanno bene alla città e delegittimano le istituzioni; quello che non fa bene alla città, dove l’anno scorso un fascista ha sparato nei mercati rionali ai venditori ambulanti, è la retorica della lotta al degrado, gli allarmi sicurezza, l’uso dei corpi speciali per contrastare fenomeni sociali. E se si deve fare chiarezza, come detto dall’assessore Saccardi, bene: si inizino a visionare le telecamere della stazione a disposizione del Comune; e poi, ci saranno degli ordini di servizio, magari anche un verbale dell’intervento? Chi e perché aveva deciso di effettuare quell’operazione, chi erano i due anziani che guidavano la squadra… Vogliono nuovi elementi e nuovi testimoni? Anche quelli ci sono! Basterebbe chiedere conto alla GEST – l’azienda che gestisce la tramvia – per sapere chi fosse in servizio quella sera e cosa ha visto e se anche i loro controllori, così come avviene in ATAF, vengono affiancati alle forze di polizia per determinate operazioni di controllo o rastrellamento che dir si voglia. Tante sono le domande cui il Comune potrebbe rispondere per fare chiarezza, tante le domande che i giornalisti potrebbero porre all’amministrazione, se solo vi fosse l’interesse reale a fare chiarezza, invece di inseguire un ragazzo che ha avuto solo il coraggio di denunciare quanto aveva visto. E a chi si stupisce vogliamo ricordare quanti italiani o immigrati, sono usciti senza vita dalle carceri, dalle celle di sicurezza delle caserme e delle questure o a causa di pestaggi subiti per strada: Lonzi, Aldrovandi, Cucchi e Uva per fare alcuni esempi tristemente noti, Youssef Ahmed Sauri e Rhimi Bassem per ricordare i due ragazzi morti nelle celle di sicurezza della Questura di Firenze. Lunedì 1 luglio manifesteremo dal Mercato di San Lorenzo fin sotto le finestre del Comune in Piazza della Signoria; la Firenze Antifascista, insieme alle comunità di immigrati ai movimenti cittadini, agli studenti, sarà in piazza contro gli abusi in divisa e in solidarietà con le vittime della violenza poliziesca, per rompere il silenzio che circonda le storie di chi subisce le violenze e gli abusi in divisa. Sciogliere il reparto antidegrado della Polizia Municipale di Firenze!  
BASTA ABUSI IN DIVISA! 

Firenze Antifascista Coordinamento Antirazzista Antifascista Toscano

Odifreddi: Margherita Hack, la signora delle stelle

Giugno 30th, 2013 by Matteo infoLab0.1
di Piergiorgio Odifreddi, da repubblica.it


Margherita Hack, la Signora delle Stelle, se n’è andata a 91 anni. Era da tempo gravemente malata, ma aveva deciso di non curarsi più, lasciando alla Natura la decisione di quando richiamarla a sé. Fino all’ultimo, dunque, è rimasta coerente con la sua figura di intellettuale impegnata: da un lato, concentrata nello studio e nell’apprezzamento delle bellezze del cosmo, e dall’altro lato, incurante delle convenzioni stabilite e insofferente delle superstizioni condivise.

Fin dalla giovinezza, aveva imparato a vivere sana. Era nata in una famiglia vegetariana e non aveva mai mangiato carne, facendo sua la motivazione esposta dal filosofo Peter Singer nell’ormai classico libro Liberazione animale (Mondadori, 1991):il fatto, cioè, che mangiare gli animali richiede di causar loro enormi sofferenze, dalla nascita alla morte, e rende complici di quella che la Hack chiamava una “ecatombe giornaliera”.

A difensori dell’inciviltà dei McDonald’s, che provavano a sostenere con lei che un bambino necessita di carne per crescere, la Hack rispondeva che non solo lei era cresciuta benissimo, senza mai aver avuto malattie serie, ma aveva potuto praticare sport agonistici, diventando in gioventù campionessa di salto in alto e in lugno. E ancora a ottant’anni faceva giri in bicicletta di 100 chilometri e giocava a pallavolo.

L’altra faccia del vegetarianesimo della Hack era il suo famoso amore per i gatti, dei quali viveva circondata in casa, e che spesso si vedevano gironzolare attorno a lei, o sederle vicino, durante le interviste registrate o gli interventi in videoconferenza. Come quello nel quale l’abbiamo vista l’ultima volta, il 9 maggio scorso a Pisa, nei Dialoghi dell’Espresso dedicati al tema Perché la ricerca è indispensabile.

Questo intervento non fu che l’ultima testimonianza pubblica di una grande affabulatrice, che col passare del tempo aveva dedicato sempre più energie a raccontare, a voce e per iscritto, le meraviglie delle stelle e dell’universo. E poiché lo faceva con grande passione e altrettanta chiarezza, era ormai diventata la più famosa divulgatrice scientifica italiana, contendendo alla Levi Montalcini il primato per la popolarità.

Le sue conferenze erano affollate come concerti, e sentirla raccontare le ultime scoperte astronomiche era un vero piacere per le orecchie e per la mente. D’altronde, era quello il suo vero lavoro, forse più nascosto e meno noto al pubblico. Aveva cominciato a interessarsene fin dalla sua tesi di laurea, nell’ormai lontano 1945, sulle Cefeidi. Aveva poi insegnato astronomia a Trieste, dove tuttora viveva, dirigendone per quasi venticinque anni l’Osservatorio Astronomico.

Il suo valore scientifico era testimoniato dalla sua appartenenza all’Accademia Nazionale dei Lincei, di Galileiana memoria, e dalle sue collaborazioni con l’Ente Spaziale Europeo e la Nasa statunitense. Ma fin dagli anni ’70 aveva iniziato il suo impegno per la disseminazione del sapere scientifico in una società come quella italiana, succube di preti e idealisti, che rimane ancor oggi preda di un atteggiamento antiscientista e superstizioso.

Fin dagli inizi aveva dunque collaborato con il Cicap, il Comitato per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale, fondato nel 1989 da Piero Angela. E la sua verve toscana le era servita spesso, per mettere alla berlina le credenze più retrograde e sciocche, spesso propagandate dai media. E non solo, visto che solo qualche settimana fa l’intero Parlamento italiano ha votato all’unanimità a favore della sperimentazione della cura medica Stamina proposta da uno psicologo di professione (sic), rendendoci ancora una volta gli zimbelli del mondo scientifico internazionale, e facendoci sbeffeggiare per ben due volte dalla rivista Nature.

Oltre che contro le superstizioni antiscientifiche, la Hack combatté coraggiosamente anche contro quelle religiose e organizzate. Era presidente onoraria dell’Uaar, l’Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti, che si propone di dar voce a quel 15 per100 della popolazione italiana che non crede nelle favole mediorientali, ma che certo non riceve il 15 per 100 della visibilità sui media, e non ottiene l’8 per 1000 di finanziamento statale.

A questo proposito, a Natale ho avuto il dubbio onore di condividere con lei uno dei tanti episodi di intolleranza religiosa nei confronti dei non credenti, in questo paese di bigotti. Un prete fondamentalista di Firenze mise infatti le nostre foto, insieme a quelle di Corrado Augias e Vito Mancuso, in una specie di “presepio degli orrori”, che comprendeva Hitler, Stalin e Pol Pot. L’idea era di accomunare i non credenti ai nazisti e ai comunisti, per mostrare che senza fede si finisce dritti ai campi di concentramento e ai gulag.

La Hack reagì nella miglior maniera, a questa stupida provocazione: si fece una bella risata, e diede del “bischero” a quel prete. Ma comunista lei lo era per davvero, e lo rimase anche dopo la caduta del Muro di Berlino. Militò in vari partiti dell’estrema, e alle regionali del 2010 fu eletta nel Lazio con la Federazione della Sinistra, anche se alla prima seduta del consiglio si dimise per lasciare il posto al primo non eletto.

Era dunque uno degli ultimi rappresentanti di quella specie ormai in via di estinzione che è l’intellettuale engagée, che pensa con la propria testa invece che con quella degli altri. Di Margherita Hack, come di Rita Levi Montalcini o di Franca Rame, ci sarebbe un gran bisogno. E ora che anche l’ultima di loro se n’è andata, toccherà a qualcun altro indicarci la via, e ricordarci che la ragione e l’onestà sono caratteristiche indispensabili per vivere degnamente in una societ‘a civile.

(30 giugno 2013)

26 giugno, giornata mondiale contro la TORTURA e sulle DROGHE

Giugno 25th, 2013 by Matteo infoLab0.1

26 giugno, giornata mondiale contro la TORTURA e sulle DROGHE

Droghe, carceri, diritti umani


100 piazze per la giustizia e i diritti


Firma anche tu le 3 leggi di iniziativa popolare per ripristinare la legalità nel nostro sistema penale e penitenziario.


Introduzione del reato di tortura nel codice penale.

In Italia manca il crimine di tortura nonostante vi sia un obbligo internazionale in tal senso. Il testo prescelto è quello codificato nella Convenzione delle Nazioni Unite. La proibizione legale della tortura qualifica un sistema politico come democratico.


Per la legalità e il rispetto della Costituzione nelle carceri.

La legge vuole intervenire in materia di diritti dei detenuti e di riduzione dell’affollamento penitenziario, rafforzando il concetto di misura cautelare intramuraria come extrema ratio, proponendo modifiche alla legge Cirielli sulla recidiva, imponendo l’introduzione di una sorta di “numero chiuso” sugli ingressi in carcere, affinché nessuno vi entri qualora non ci sia posto. Insieme alla richiesta di istituzione di un Garante nazionale per i diritti dei detenuti, viene anche proposta l’abrogazione del reato di clandestinità previsto dalla legge Bossi-Fini.


Modifiche alla legge sulle droghe: depenalizzazione del consumo e riduzione dell’impatto.
La legge vuole modificare la legge sulle droghe che tanta carcerazione inutile produce nel nostro Paese. Viene superato il paradigma punitivo della legge Fini-Giovanardi, depenalizzando i consumi, diversificando il destino dei consumatori di droghe leggere da quello di sostanze pesanti, diminuendo le pene, restituendo centralità ai servizi pubblici per le tossicodipendenze.

———————————————————————————————————————————-
PROGRAMMA IN CONTINUO AGGIORNAMENTO!!!
———————————————————————————————————————————-

25 giugno 2013:
Campobasso: Incubatore di Imprese dell’economia sociale – Caffetteria Morelia via monsignor Bologna n. 15 (dalle 9.30)
Lecce. ex ospedale psichiatrico
Torino. Campus universitario Luigi Einaudi, Lungo Dora 100 (21-23)
Roma. Teatro Palladium (19 – 23)
Farrazzano (Cb). Teatro del Loto, P.zza Spensieri (dalle 18)

26 giugno 2013:
Ancona: Largo XXIV Maggio 1 (9 – 13)
Belluno: Via Mezzaterra 45 (9 – 12)
Bologna: Via Farini angolo via D’Azeglio ( 9.30 – 13.30)
Campobasso: Incubatore di Imprese dell’economia sociale – Caffetteria Morelia via monsignor Bologna n. 15 (dalle 9.30)
Catanzaro: Festa del lavoro della Cgil – http://www.illavorointesta.it/
Chieti: presso Camera di Commercio – via Gian Battista 3 (15-17,30)
Falconara Marittima: Via Roma 2B (9 – 13)
Ferrara: Volto del Cavallo (18-24)
Firenze: Piazza dei Ciompi, fronte sede Arci (10-13; 16-20)
Firenze: Libreria Einaudi, Via Guelfa n. 22/ar (19-21)
Fondi (Lt): Piazza Municipio 1 (9 -13)
Genova: Palazzo Tursi, 6° piano, stanza 616 (9.30-17)
Gorizia: via Bellinzona 11/A (18-20)
Livorno: Circolo Arci Norfini in via di Salviano (16-19)
Matera: Piazza Vittorio Veneto (18.20-20)
Marcianise: Piazza Umberto I (19-22)
Milano: Piazza dei Mercanti – Loggia del Broletto (18 – 20)
Milano: Piazza Cordusio (12 – 18)
Milano: Via Mercanti (18 – 20)
Milano: Univesità Bicocca
Milano: Acquario civico – Viale Gladio 2 (10.30-13)
Monza: Piazza Trento e Trieste 1
Parma: Comunità Betania – Strada Comunale Lazzaretto, 26 (10-13)
Perugia: Piazza Matteotti (10 – 17)
Pistoia: via degli Orafi in prossimità del Tribunale (Piazza Duomo) (10.30-12)
Roma: mercato di Piazza Epiro
Roma: Via Gallia, fronte parrocchia della Natività 
Roma: Tribunale civile – Via Lepanto/ang. V.le Giulio Cesare (10-13)
Roma: Piazza Vittorio 113 – angolo via Buonarroti (9-13; 15-18)
Scafati: Mattina (10-13) Largo Sergianni. Pomeriggio (17-20) Piazzetta Centro Commerciale Plaza e Corso Nazionale n° 124
Roma: Piazza Farnese (18-23)
Roma: “Roma per l’Africa”, Città universitaria
San Benedetto del Tronto: V.le De Gasperi 124 (9 – 13.30)
Sassari: Piazza Castello (17.30 – 20.30)
Solofra (Av): Via Regina Margherita 5 (8.30 – 13)
Sondrio: Piazza Campello 1 (8,30-12,30 13,30-17,30)
Taranto: Piazza della Vittoria (9.30 – 14.00)

Vicenza: Festambiente http://www.festambientevicenza.org/ (18 – 22) – dal 25 al 30 giugno, presso Parco Fluviale del Retrone

27 giugno
Milano: SPAZIO TADINI – Via Jommelli, 24 (MM Loreto/Piola) (18-21) http://www.peridirittiumani.com/
Senigallia.
Vicenza: Contrà Cavour, angolo Corso Palladio (10-13)


27-28-29 giugno:
Terni: Piazza della Repubblica – Cisiamo

28 giungo:
Firenze: Off bar – lago dei cigni della fortezza da basso – Viale Filippo Strozzi (dalle ore 21)

29-30 giugno:
Bari: Festival “Acqua in Testa”
Manerbio (Bs): Via XX Settembre (sabato 15-19 /domenica 8-12)

29 giugno/6 luglio:
Roma: Città dell’Altra Economia – Rising love summer trip
https://www.facebook.com/events/688644741149196/
https://www.facebook.com/events/549184155127384/

30 giugno:
Colico (Lc): Presso l’auditorium e il parco giochi in occasione della festa “Con l’acqua alla gola” dalle ore 10 alle 20

http://www.3leggi.it/
http://www.twitter.com/3leggi
http://www.facebook.com/3leggi
http://www.youtube.com/3leggi

Promotori: A Buon diritto, Acat Italia, L’Altro Diritto, Associazione 21 luglio, Associazione difensori di Ufficio, A Roma, insieme – Leda Colombini, Antigone, Arci, Associazione Federico Aldrovandi, Associazione nazionale giuristi democratici, Associazione Saman, Bin Italia, Consiglio italiano per i rifugiati – Cir, Cgil, Cgil – Fp, Conferenza nazionale volontariato giustizia, Cnca, Coordinamento dei Garanti dei diritti dei detenuti, Fondazione Franca e Franco Basaglia, Fondazione Giovanni Michelucci, Forum Droghe, Forum per il diritto alla salute in carcere, Giustizia per i Diritti di Cittadinanzattiva Onlus, Gruppo Abele, Gruppo Calamandrana, Il detenuto ignoto, Itaca, Libertà e Giustizia, LILA Onlus – Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids, Medici contro la tortura, Naga, Progetto Diritti, Ristretti Orizzonti, Rete della Conoscenza, Società della Ragione, Società italiana di Psicologia penitenziaria, Unione Camere penali italiane, Vic – Volontari in carcere

Poco spazio in cella? Basta tenere aperta la porta

Giugno 25th, 2013 by Matteo infoLab0.1
Si chiama “vigilanza dinamica”, è una soluzione “all’italiana” al problema del sovraffollamento.

Evadere da quei 3 claustrofobici metri quadrati a disposizione e riguadagnare spazio e dignità sottratti. Non si tratta di un’azione illegale, ma di un diritto finalmente riconosciuto. 
È l’ordinanza 2013/1324, datata 16 maggio 2013, del Tribunale di Sorveglianza di Lecce, che dispone il trasferimento di un detenuto nel carcere di Borgo San Nicola “in una cella adeguata alla normativa vigente”. Nulla di più e nulla di meno che nel rispetto della legge.



Eppure, è la prima volta che accade in Italia: un giudice ordina all’amministrazione penitenziaria di mettere a disposizione del detenuto le condizioni previste dai regolamenti. E lo fa con un’ordinanza che – secondo una recente sentenza della Corte costituzionale – ha effetto coercitivo. In buona sostanza, se l’amministrazione del carcere non dovesse eseguirla nell’immediato, commetterebbe un reato…


Il provvedimento, qualora divenisse esempio per altri detenuti e per altre realtà, potrebbe avere l’effetto di un macigno sulla situazione ormai disperata delle carceri italiane. Tassi di sovraffollamento altissimi e frequenti suicidi, infatti, hanno reso tristemente famosi in tutta Europa i penitenziari di casa nostra.
“Ma è da qui che bisogna ripartire”, ha commentato l’avvocato Alessandro Stomeo, difensore del detenuto leccese. “La soluzione del problema non si trovava nel divieto di tortura o nell’articolo 27 della Costituzione. Esistono, molto semplicemente, delle norme interne: l’articolo 6 dell’ordinamento penitenziario e il decreto ministeriale del 5 luglio del 1975 prevedono delle misure minime per le strutture che ospitano il detenuto”, osserva Stomeo.

Misure che, nella fattispecie, il carcere leccese non rispetta. La ASL di Lecce, incaricata dal magistrato di sorveglianza per controllare i requisiti della cella in questione, ha notificato che “la superficie pavimentata della cella è di 10,17 metri quadrati, che vi è sufficiente aeroilluminazione naturale, che all’interno della cella vi è un servizio igienico di 1 metro quadrato con lavabo, vaso e bidet con aerazione forzata al momento dell’accertamento malfunzionante; che la cella presenta chiazze di muffa in prossimità delle finestre, presumibilmente dovute ad infiltrazioni d’acqua, che i letti sono a castello e l’ultimo è a 50 centimetri dal soffitto”.

Ogni cella del carcere di Lecce – nonostante il progetto ne prevedesse un uso individuale – ospita tre persone. Ogni individuo dispone di uno spazio calpestabile pari a circa 3 metri quadrati: se non è una tortura, è qualcosa di molto simile. Nella casa circondariale di Borgo San Nicola, attualmente, ci sono circa 1150 detenuti, ma dovrebbero essere solo 659. In linea con i numeri nazionali: il rapporto Antigone del 2012 parlava di un tasso di affollamento del 142,5%, a fronte del 99,6% della media europea.

E se svuotare le carceri in tempi brevi è pura utopia, quali potrebbero essere le soluzioni possibili? Escludendo la realizzazione di nuove strutture – operazione che contribuirebbe solo a ingrandire il problema – lasciare aperte le porte delle celle durante il giorno, permettendo così ai reclusi di usufruire anche dello spazio dei corridoi interni, rappresenta di fatto un escamotage. Tecnicamente, si chiama “vigilanza dinamica” e alcune sezioni detentive italiane la stanno già sperimentando. Tuttavia, anche questo sistema avrebbe i suoi rischi. Se così fosse, infatti, potrebbe insorgere la polizia penitenziaria, costretta già in molti casi a lavorare con un’organico ridotto e con misure di sicurezza al limite. Insomma, una questione complicata da risolvere; almeno nell’immediato.

L’Europa, d’altra parte, ci chiede trasparenza: dal settembre del 2012 il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa è in attesa dei dati dettagliati sul sovraffollamento dei penitenziari italiani. Lo stesso Comitato che, all’inizio del mese di giugno, ha preso in esame la prima condanna pronunciata nel 2009 contro l’Italia dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per la violazione dei diritti dei detenuti. Strasburgo richiede concretezza: l’Italia ha un anno di tempo per presentare le contromisure al problema del sovraffollamento e, su questo piano, il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di Lecce sembra solo                                                                        un valido motivo in più per decidere e per far presto.




FONTE:  Informare per Resistere, Art. di Andrea Gabellone